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« Angelo Tartaglia : L’objectif est de cesser de perdre du temps et d’arrêter le projet »

 

Il settimanale La Val Susa ha pubblicato il 12 luglio un’intervista al prof. Angelo Tartaglia, uno dei tecnici consulenti dell’Unione Montana dei Comuni della Bassa Valle Susa e della Città di Torino.

Si tratta di una lucida analisi della Torino-Lione, tutti coloro che desiderano farsi un’opinione sullo stato del progetto e sulle sue prospettive dovrebbero leggerla. Ringraziamo il settimanale La Val Susa per averne concesso la diffusione.

 

La Val Susa – La Torino-Lione di oggi non è più quella del 2005. Gran parte del percorso interesserà la linea “storica” e questo potrebbe anche accadere nella tratta italiana, evitando di “bucare” la collina morenica. Rimane il tunnel di 57 km tra Italia e Francia. Perché protestare?

Angelo Tartaglia – Perché il problema è proprio il tunnel. Anzi, diciamolo meglio: è l’intera opera ad essere altamente diseconomica. E’ un’opera a debito pubblico che, se venisse messa in funzione, avrebbe un costo di gestione e manutenzione che non riuscirebbe ad essere coperto dal traffico e che quindi continuerebbe ad accumulare debiti. Dicevamo del tunnel, di 57 km, la parte più rilevante dell’opera: il Cipe nell’agosto scorso ha attualizzato il costo a 9,6 miliardi di €. Chi sostiene quest’opera non lo fa dal punto di vista dei trasporti e dell’economia ma con una motivazione ideologica, quasi un assunto “ottocentesco”, secondo cui il progresso è costituito dalle grandi manipolazioni del mondo che abbiamo intorno. Le stesse dichiarazioni dei politici di vari schieramenti non sono argomentazioni ma esprimono indignazione verso “chi è contro il progresso”. Nel merito si dice ben poco. Inizialmente si dava per scontato che ci fosse tantissimo traffico pronto a passare su questa linea. Questi traffici non c’erano in passato, non ci sono oggi, e il Quaderno n. 10 dell’Osservatorio ha preso atto che quelle previsioni erano inattendibili, si basavano su ipotesi palesemente assurde e su parametri palesemente manipolati. Quindi il problema non è spostare la linea un po’ di qua o di là, ma rivedere il progetto”.

Chiamparino ha ammesso che il traffico è in calo, ma ha aggiunto che la Torino-Lione è stata pensata proprio per attirarne di nuovo. Questo non può accadere?

È un’affermazione gratuita. Se è in grado di dimostrare che la nuova linea può attirare nuovo traffico, siamo pronti a discutere. In realtà il traffico attraverso l’intera frontiera con la Francia – dal valico di Ventimiglia al Monte Bianco – risulta in calo, su strada e su rotaia. Mentre è in aumento sulla frontiera con la Svizzera e su quella austriaca. Quindi è un problema strutturale, che non riguarda l’assenza o la presenza di infrastrutture. Un’altra argomentazione che viene spesso tirata fuori è questa: il traffico cala, perché il tunnel storico è inadeguato, insufficiente. Se noi prendiamo il tunnel analogo che fino al 2007 ospitava il traffico verso la Svizzera centrale, il tunnel del Lötschberg, scopriamo che è alto 1400 metri (il Fréjus 1335), che è lungo 14,6 km (1 km in più del Fréjus). Mentre il Gottardo “storico” è lungo 15 km ed è un po’ più basso e le pendenze simili. Come mai là il traffico continuava ad aumentare e qui diminuiva? La mia interpretazione è legata alla destinazione dei flussi. Noi abbiamo flussi est-ovest, lungo la frontiera italo francese, che collegano la Francia centro meridionale, la regione spagnola e portoghese e, marginalmente, le isole britanniche. In quest’area risulta in calo anche il traffico su strada. Il punto è che i mercati sui due lati delle alpi, lungo la fascia est-ovest si somigliano, e sono materialmente saturi. La quantità di manufatti ha raggiunto il top. Le merci vengono cambiate, rinnovate, ma aumentarne la quantità è pressoché impossibile. Sull’asse nord-sud non è così, perché è collegato ai porti: Genova, Trieste, La Spezia, Marsiglia. E i porti sono collegati su linee che intercettano il sud-est e l’est asiatico, fino alla Cina. Lì i mercati non sono per niente saturi. Qui abbiamo 6,5 automobili per 10 abitanti, in Cina c’è un’auto ogni 55 abitanti. C’è lo spazio fisico per il traffico merci. Risultato: l’asse sud ha continuato a crescere e continuerà a farlo. Per cui non c’entra il fatto che la linea sia vecchia, cosa vera fino a un certo punto, visto che sono stati spesi molti soldi per ammodernarla. Ma se facciamo il nuovo tunnel quale traffico dovremmo riuscire ad attirare?”.

Il ministro Toninelli dice: si potrebbe fare un’altra analisi costi-benefici. Virano dice: ne abbiamo già fatte sette … “Ma voi avete visto le altre sei?

Io ne conosco una pubblica. A tutti quelli che dichiarano questo, chiedo: mi fate vedere le altre?”

C’è chi dice che con un’altra analisi si farebbe melina per perdere tempo …

“A me pare che da parte dei proponenti l’opera, il tentativo sia quello di arrivare al fatto compiuto. Stanno facendo la corsa per creare altri cantieri. Ammettono, come nell’ultimo Quaderno dell’Osservatorio (il n. 10) che le previsioni erano inattendibili. Però aggiungono che ormai ci siamo, che dobbiamo andare avanti, che non si può tornare indietro. L’obiettivo di chi si oppone, quindi, non è perdere tempo. È proprio quello di fermare l’opera…”

Ed è possibile secondo lei?

“Certo. Fino ad oggi sono stati spesi circa 1,6 miliardi e abbiamo la prospettiva di spenderne svariati altri. Sono soldi pubblici. Se abbiamo buttato via soldi (e vorrei chiederne conto a chi l’ha fatto), perché mai dovremmo buttarne via altri?”

Si propone anche di rivedere gli accordi. Chiamparino dice che non è possibile, che sulla tratta internazionale è tutto deciso. Mentre su quella nazionale si può ancora discutere, valutando le opzioni tra tunnel sotto la collina morenica o quadruplicamento della linea attuale …

“Gli accordi Italia-Francia del 2012 e del 2015, dividono l’opera in tre parti: una di competenza francese, una transfrontaliera e una di competenza italiana. Gli accordi prevedono, a parte il tunnel di base transfrontaliero, altri due tunnel a due canne in Francia, per un totale di 33 km (i tunnel di Belledonne e di Glandon), mentre in Italia era previsto un tunnel a due canne, quello dell’Orsiera, per 19,5 km. Poi i due Paesi ci hanno ripensato. In Francia, la parte comune di competenza, è stata rinviata per qualunque decisione a dopo il 2038, di qui a 20 anni. Dalla nostra parte, è stato valutato che si poteva fare a meno del tunnel dell’Orsiera. Questo vuol dire che le due parti, ciascuna per conto suo, ha modificato di fatto l’accordo precedente. Accordo che dice che il tunnel di base avrà un costo di 8,6 miliardi di € (oggi attualizzato a 9,6 miliardi di €). Non solo, ma prevede che la ripartizione dei costi sia fatta per il 57,9% a carico dell’Italia e per il 42,1 % a carico della Francia. Nel tunnel di base, però, 45 km su 57 sono in Francia e 12 in Italia. La giustificazione di questa ripartizione anomala sta nel fatto che i francesi hanno un carico più grande perché dovrebbero realizzare quei due tunnel da 33 km mentre l’Italia dovrebbe realizzarne uno soltanto, da 19,5 km. In realtà sappiamo che i francesi hanno rinviato a chissà quando quei tunnel e anche l’Italia ha di fatto rinunciato alla galleria dell’Orsiera. Per quale motivo a questo punto l’Italia dovrebbe pagare il 57,9% di un’opera che all’80 % è in Francia? Mi pare siano motivi sufficienti per ridiscutere l’accordo, chiedendo conto ai francesi delle loro politiche”.

Parliamo di finanziamenti …

“Il CIPE ha autorizzato con delibera di agosto 2017 l’erogazione di fondi per 2,8 miliardi di € per la realizzazione di due lotti costruttivi del tunnel di base, fissando un massimo di spesa per l’Italia a poco più di 5 miliardi di €. Nell’accordo del 2012 è previsto che condizione per l’inizio dei lavori sia la disponibilità dei finanziamenti dell’intera opera. Nell’accordo del 2012 si parla di tratte funzionali, non di lotti costruttivi. Per lotto costruttivo intendiamo la realizzazione di parte di un’opera fino ad esaurimento fondi, per poi riprendere i lavori quando arrivano altri fondi. Certo, è impossibile pretendere di avere subito tutti i fondi per un’opera, ed è possibile iniziare a realizzarne una parte, ma quella parte deve servire a qualcosa. Ora, pare difficile scavare un pezzo di tunnel e dire che è funzionale. I francesi hanno avuto qualche perplessità quando sul nostro versante si è parlato di lotti costruttivi. Una giustificazione ai lotti costruttivi, accettata malvolentieri dalla Corte dei Conti, è che se la cosa riguarda più attori, noi, i francesi e l’Europa, La soluzione ipotizzata? Italia, Francia ed Europa mettono a disposizione tutto quello che compete loro, e a quel punto tutti i lotti costruttivi, insieme, diventano funzionali. In Italia il CIPE ha autorizzato questa soluzione mentre la Francia non ha autorizzato un bel niente, perché c’è la pausa di riflessione, che ancora non è finita. Macron ha detto che il tunnel si deve fare ma che non sarà finanziato con i fondi ordinari dello Stato.  Il suo obiettivo è quello di finanziarlo con le entrate dei pedaggi del trasporto su strada. Quindi, in questo momento, la parte francese del tunnel internazionale non è finanziata, checché ne dica Chiamparino. È stata affidata la direzione lavori per 90 milioni, ma per le opere non c’è ancora nulla”.

In Francia però hanno iniziato a scavare un tratto di 4 km (su 9), che unisce due discenderie lungo l’asse del tunnel di base.

“Sì. ma quello è dichiarato ufficialmente come un tunnel geognostico. Poi è vero che ha le dimensioni della canna reale del tunnel. Ma allora perché dicono che è solo un tunnel geognostico? Mi pare tanto una furbata, l’Europa finanzia fino al 50% le opere preliminari e al 40% il tunnel principale…. Così riescono a farsi dare la metà anziché il 40%. Sul nostro versante c’è il fatto che la delibera CIPE ha elementi di illegittimità: una delle condizioni del trattato italo-francese è la disponibilità della somma complessiva per realizzare il tunnel. Questa disponibilità non c’è, per cui l’Italia ha autorizzato l’esborso di una spesa che non si sa che effetti potrebbe avere visto che i francesi non hanno ancora stanziato nulla. Vedremo cosa valuterà la Corte dei conti, alla quale gli oppositori si sono rivolti.

Il Governatore del Piemonte ha detto che se non si facesse più la Torino-Lione verrebbe a mancare un collegamento storico con la zona d’Europa più dinamica e ricca e con la Francia. Una scelta che farebbe molto male al Piemonte del futuro.

“Se la politica ha un difetto, è che le questioni di merito sono considerate marginali. La politica assume decisioni sempre per altri motivi che non sono mai di merito. Come si fa a dire una cosa del genere? Il Piemonte è tagliato fuori da cosa? Tra Piemonte e Francia abbiamo un terzo del traffico attraverso le Alpi, che è in calo, anche sulla strada, proprio per la struttura dei mercati. Se uno vuole andare oggi in Francia non ha alcun problema. Oggi il traffico merci sulla ferrovia è sceso al di sotto di tre milioni di tonnellate all’anno. Tra l’altro, perché in Svizzera la ferrovia ha un peso molto più alto? Non certo per le infrastrutture. Il motivo è che loro ammettono una tariffazione dell’attraversamento delle merci sul loro territorio proporzionale ai km percorsi, al tonnellaggio e al tipo di autoveicolo. A quel punto diventa più conveniente la ferrovia. Italia e Francia non hanno mai fatto qualcosa del genere. Perché non lo fanno? I motivi sono i soliti: l’Europa non vuole e non è così facile vedersela poi con i camionisti … Nelle loro previsioni c’era anche scritto che con il nuovo tunnel e la nuova linea il traffico sarebbe aumentato moltissimo e che sarebbe molto migliorata la ripartizione tra ferrovia e strada. Oggi siamo al 15% su ferrovia e il resto su strada. Con il tunnel saremmo arrivati al 55% su ferrovia e al 45 su strada. In Svizzera questo succede perché costa caro trasportare su strada. Ma se non si è in grado di far pagare meno la ferrovia, perché i trasportatori, molto attenti ai costi, dovrebbero spostarsi sui binari?”.


Traduction française

Le consultant technique de l’Union Montane des Municipalités de la Vallée de Suse s’exprime

https://www.lavalsusa.it/23946-2/

La Val Susa – Le Turin-Lyon d’aujourd’hui n’est plus celui de 2005. Une grande partie de l’itinéraire concernera la ligne “historique” et cela pourrait aussi arriver dans la partie italienne, en évitant de “percer” la colline morainique. Il reste le tunnel de 57 km entre l’Italie et la France. Pourquoi s’opposer ?

Angelo Tartaglia – Parce que le problème est précisément le tunnel. Pour le dire clairement : c’est tout le projet qui est hautement antiéconomique. Un projet financé par la dette publique qui, s’il était mis en service, aurait un coût de gestion et d’entretien qui ne serait pas couvert par le trafic et continuerait donc à accumuler de la dette. Nous parlions du tunnel de 57 km, la partie la plus importante du projet : en août dernier, le CIPE a actualisé le coût à € 9,6 milliards. Celui qui soutient ce projet ne le fait pas du point de vue des transports et de l’économie, mais avec une motivation idéologique, presque une hypothèse du « dix-neuvième siècle » selon laquelle le progrès est le résultat de la grande manipulation du monde qui nous entoure. Les déclarations des politiciens de tous côtés ne contiennent pas d’arguments mais expriment une indignation envers « ceux qui sont contre le progrès ». Très peu est dit sur le fond de la question. Au départ, il a été supposé qu’il y aurait beaucoup de trafic prêt à passer sur cette ligne. Ces trafics n’existaient pas dans le passé, ils ne sont pas là aujourd’hui, et le Cahier n° 10 de l’Observatoire a pris note que ces prévisions n’étaient pas fiables, elles reposaient sur des hypothèses manifestement absurdes et sur des paramètres clairement manipulés. Donc, le problème n’est pas de déplacer la ligne un peu « ici ou là », mais de revoir le projet.

M. Chiamparino (Président de la Région Piémont, n.d.t) a admis que le trafic est en baisse, mais a ajouté que le Lyon-Turin a été conçu pour attirer de nouveaux trafics. Cela ne peut pas arriver ?!

C’est une affirmation gratuite. Si vous pouvez démontrer que la nouvelle ligne peut attirer de nouveaux trafics, nous sommes prêts à en discuter. En fait, le trafic à travers toute la frontière avec la France – du col de Vintimille au Mont Blanc – est en baisse, sur la route et sur le rail. Alors qu’il augmente à la frontière avec la Suisse et avec l’Autriche. C’est donc un problème structurel, qui ne concerne pas l’absence ou la présence d’infrastructure. Un autre argument qui est souvent présenté est que le trafic diminue, parce que le tunnel historique est insuffisant et obsolète. Si nous examinons un tunnel identique qui jusqu’en 2007 assurait le trafic vers la Suisse centrale, le tunnel du Lötschberg, nous constatons qu’il se trouve à 1400 mètres d’altitude (le Fréjus est à 1335 mètres) et qu’il est long de 14.6 km (1 km plus du Fréjus). Alors que le Gothard “historique” fait 15 km de long, est à une moindre altitude mais avec des pentes similaires. Comment se fait-il que le trafic continue d’augmenter et qu’au contraire il diminue ici ? L’explication est liée à la destination des flux. Nous avons des flux est-ouest au passage de la frontière franco-italienne qui relient le centre-sud de la France, les régions espagnoles et portugaises et, marginalement, les îles britanniques. Le trafic routier est également en baisse dans cette zone. Le fait est que les marchés des deux côtés des Alpes, le long de la ceinture est-ouest, sont similaires et sont matériellement saturés. La quantité d’articles manufacturés a atteint le sommet. Les biens sont changés, renouvelés, mais en augmenter la quantité est presque impossible. Sur l’axe nord-sud, ce n’est pas le cas, car il est relié aux ports : Gênes, Trieste, La Spezia, Marseille. Et les ports sont connectés à des lignes qui relient l’Asie du Sud-Est et de l’Est, jusqu’à la Chine. Là, les marchés ne sont pas du tout saturés. Ici nous avons 6,5 voitures pour 10 habitants, en Chine il y a une voiture pour 55 habitants. Il y a un espace physique pour le trafic de marchandises. Résultat : l’axe sud-nord a continué de croître et continuera de le faire. Cela n’a donc rien à voir avec le fait que la ligne est ancienne, d’autant que beaucoup d’argent a été dépensé pour la moderniser. Mais si nous construisons le nouveau tunnel, quel trafic devrions-nous attirer ?

Le ministre des Transports italien Toninelli a dit : une autre analyse coûts-bénéfices (ACB) pourrait être faite. Virano a dit : nous en avons déjà fait sept … “Mais avez-vous vu les six autres ?

Je connais une seule ACB publique. Je demande à tous ceux qui déclarent qu’il en existe d’autres : pouvez-vous me les montrer ?

Certains disent qu’une autre analyse servirait uniquement à perdre du temps

Il me semble que les partisans du projet œuvrent pour rendre les faits irréversibles. Ils font la course pour créer d’autres sites de construction. Ils admettent, comme dans le dernier cahier (le n° 10), que les prévisions n’étaient pas fiables. Mais ils ajoutent qu’au point où nous sommes, nous devons continuer, et ne pouvons pas revenir en arrière. Le but de ceux qui s’opposent au projet n’est pas de perdre du temps, c’est d’arrêter le projet …

Et est-ce possible à votre avis ?

Bien sûr. Environ € 1,6 milliard ont été dépensés à ce jour et nous avons la perspective d’en dépenser plusieurs autres. Il s’agit d’argent public. Si nous avons gaspillé de l’argent (et je voudrais discuter avec les responsables), pourquoi devrions-nous en gaspiller plus ?

Il est également proposé de revoir les accords. M. Chiamparino dit que ce n’est pas possible, que tout est décidé pour la partie internationale. Alors que sur la partie nationale on peut encore discuter l’évaluation des options entre les tunnels sous la colline morainique ou quadrupler la ligne actuelle …

Les accords italo-français de 2012 et de 2015 divisent le projet en trois parties : une sous la compétence française, une section transfrontalière et une sous la compétence italienne. Les accords prévoient, en dehors du tunnel de base transfrontalier, deux tunnels avec deux tubes en France, pour un total de 33 km (le tunnel Belledonne et Glandon), tandis qu’un tunnel bitube était prévu en Italie, celui de l’Orsiera, long de 19,5 km. Ensuite, les deux pays ont repensé le projet. En France, toute décision pour la partie commune française a été reportée après 2038, d’ici 20 ans. Côté Italie, on a estimé qu’on pourrait se passer du tunnel d’Orsiera. Cela signifie que les deux parties, ont indépendamment effectivement changé l’accord précédent. Accord qui dit que le tunnel de base coûtera € 8,6 milliards (aujourd’hui actualisé à € 9,6 milliards). L’accord prévoit également que la répartition des coûts soit faite pour 57,9% à la charge de l’Italie et 42,1% à la France. Dans le tunnel de base, alors que 45 km sur les 57 sont en France et 12 en Italie. La justification de cette distribution inhabituelle est que la France aurait une charge plus importante avec la réalisation des deux tunnels de 33 km sur le tracé national alors que l’Italie ne construirait qu’un seul tunnel de 19,5 km sur son tracé national. En réalité, nous savons que la France a repoussé à long terme ses deux tunnels et que l’Italie a effectivement abandonné le tunnel d’Orsiera. Alors Pourquoi l’Italie devrait-elle payer 57,9% d’un projet qui est réalisé à 80% en France ? Il me semble qu’il y a des raisons suffisantes pour rediscuter, en questionnant la politique de la France.

Parlons de financement …

Le CIPE a autorisé, avec la résolution d’Août 2017, l’octroi de fonds à la hauteur de € 2,8 milliards pour la construction de deux lots constructifs du tunnel de base, en fixant le montant maximal du financement à la charge de l’Italie à un peu plus de € 5 milliards. L’accord de 2012 prévoit que la disponibilité du financement pour l’ensemble du projet est un préalable au lancement des travaux. L’accord de 2012 fait référence aux sections fonctionnelles et non pas aux lots constructifs. Par lot constructif, on entend la réalisation d’une partie d’un projet jusqu’à l’épuisement des fonds, pour ensuite reprendre les travaux lorsque d’autres fonds sont octroyés. Bien sûr, on ne peut pas prétendre d’avoir immédiatement tous les fonds pour le projet, et il est possible de commencer à en faire une partie, mais cette partie doit servir à quelque chose. Or il semble difficile de creuser un morceau de tunnel et de dire qu’il est fonctionnel. Les Français ont eu quelques doutes lorsque du côté italien on a parlé de lots constructifs. Une justification des lots constructifs, acceptée à contrecœur par la Cour des comptes, est que si le projet concerne plusieurs partenaires (dans notre cas l’Italie, la France et l’Europe) la solution hypothétique serait que ces partenaires mettent à disposition leur part de financement et, à ce moment-là, tous les lots deviendraient fonctionnels. En Italie, le CIPE a autorisé cette solution alors que la France n’a rien autorisé, car la pause sur le Lyon Turin n’est pas encore terminée. Macron aurait déclaré que le tunnel doit être fait mais qu’il ne sera pas financé par des fonds publics ordinaires. Son objectif est de le financer avec des recettes provenant des péages routiers. Donc, en ce moment, la partie française du tunnel international n’est pas financée, quoi qu’en dise M. Chiamparino. La direction des travaux pour € 90 millions a été attribuée, mais il n’y a toujours pas de financement pour les travaux définitifs.

En France, cependant, ils ont commencé à creuser un tronçon de 4 km (sur 9), qui relie deux descenderies dans l’axe du tunnel de base.

Oui, mais les travaux en cours ont été officiellement déclarés comme la réalisation d’un tunnel de reconnaissances, même s’il est creusé aux dimensions du tunnel de base. Alors pourquoi dit-on que c’est juste un tunnel géognostique ? Cela semble malin car l’Europe finance à hauteur de 50% les travaux de reconnaissances et à 40% le tunnel définitif… Donc TELT aurait réussi à obtenir 50% contre 40%. Du côté italien, il y a le fait que la délibération du CIPE contient des éléments d’illégalité : l’une des conditions du traité italo-français est la disponibilité du montant global pour réaliser le tunnel. Cette disponibilité n’est pas là, donc l’Italie a autorisé l’engagement d’un financement dont on ne sait pas quel pourrait être l’effet vu que la France n’a encore rien alloué. On verra ce que la Cour des comptes (saisie par les opposants, N.d.T.) décidera.

Le président de l’exécutif du Piémont a déclaré que si le Turin-Lyon ne devait pas être réalisé, il manquerait une liaison historique avec la partie la plus dynamique et la plus riche de l’Europe et avec la France. Un choix qui ferait beaucoup de mal au Piémont du futur.

“Si la politique a un défaut, c’est que les questions de fond sont considérées comme marginales. La politique prend toujours des décisions pour d’autres raisons qui ne sont jamais fondées. Comment on peut sortir un tel argument ? De quoi le Piémont est-il coupé ? Entre le Piémont et la France, nous avons un tiers du trafic à travers les Alpes, en baisse, même sur la route, en raison de la structure des marchés. Si l’on veut se déplacer vers la France, il n’y a aucun problème. Aujourd’hui, le trafic de fret ferroviaire est tombé en dessous de trois millions de tonnes par an. Au fait, pourquoi le chemin de fer a-t-il beaucoup plus de poids en Suisse ? Certainement pas pour l’infrastructure. La raison en est qu’ils permettent une tarification de la traversée de leur territoire par les marchandises proportionnelle aux kilomètres parcourus, au tonnage et au type de véhicule. Ainsi, le chemin de fer devient moins cher. L’Italie et la France n’ont jamais fait quelque chose comme ça. Pourquoi ne le font-ils pas ? Les raisons sont habituelles : l’Europe ne veut pas et il n’est pas si facile de traiter avec les camionneurs … Dans les prévisions des promoteurs il était également écrit qu’avec le nouveau tunnel et la nouvelle ligne, le trafic augmenterait beaucoup et la répartition entre le rail et la route se serait beaucoup améliorée. Aujourd’hui la répartition du fret est de 15% sur le rail et le reste sur la route. Avec le tunnel, les promoteurs affirment qu’on devrait atteindre 55% sur le chemin de fer et 45% sur la route. En Suisse, cela arrive parce que le transport sur la route est coûteux. Mais si on n’est pas capable de faire payer moins le rail, pourquoi les transporteurs, très attentifs aux coûts, devaient-ils déplacer le fret sur les rails ?