Intervento al Senato del Ministro dell’Economia Daniele Franco, 1° aprile 2021

FRANCO, ministro dell’economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli senatori, anzitutto vi ringrazio per l’invito a replicare in quest’Aula alla discussione della relazione delle Commissioni riunite sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza. Vi ringrazio anche per le molteplici indicazioni fornite nei vostri interventi sia ieri sia questa mattina; sono estremamente costruttive e preziose per il seguito del nostro lavoro. Mi dispiace e mi scuso di non essere stato qui ieri all’avvio dei vostri lavori in relazione all’attività del Consiglio dei Ministri.

Come ho già sottolineato nella mia audizione presso le Commissioni congiunte l’8 marzo scorso, il Piano nazionale è una grande occasione per avviare un processo di crescita duratura per il Paese, che esce da circa un quarto di secolo di crescita piuttosto scarsa o comunque modesta rispetto agli altri principali Paesi europei.

La buona riuscita del Piano richiede uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo; richiede una strategia del Paese, una visione per quello che sarà il Paese nel 2026, nel 2030 e possibilmente nei decenni successivi. La trasmissione al Parlamento delle note tecniche relative alle missioni componenti della prima bozza del PNRR, predisposta dal precedente Esecutivo e da cui è partito il nostro lavoro, è stata guidata dalla volontà di facilitare un dialogo stretto tra Parlamento e Governo, nell’ottica della più completa trasparenza.

La bozza del Piano su cui stiamo lavorando ha un contenuto informativo che diventa via via più ricco, in coerenza con i requisiti europei ma anche e soprattutto per consentire una valutazione approfondita da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica. Ogni euro che verrà impegnato, ogni euro che verrà speso dovrà essere rendicontato. Ricordo che anche i contributi a fondo perduto impongono un onere per il bilancio europeo a cui il nostro Paese è poi tenuto a contribuire.

Il Parlamento in questi mesi ha svolto un prezioso lavoro di interlocuzione con istituzioni e parti sociali. Il lavoro svolto dalle Commissioni riunite bilancio e politiche dell’Unione europea, congiuntamente alle altre Commissioni permanenti nei diversi ambiti di competenza, è stato serrato e impegnativo. Sono state raccolte le osservazioni e le istanze di numerosissimi soggetti (istituzioni, associazioni di categoria, esperti); come è stato appena detto, si è trattato di un grande esercizio di ascolto della società italiana.

Il lavoro di sintesi del Parlamento, che confluisce nelle relazioni delle Commissioni sul Piano nazionale e nelle risoluzioni votate dal Senato e dalla Camera, contribuirà decisamente alla fase finale di definizione del Piano di qui alla fine del mese di aprile. È un lavoro ricognitivo molto approfondito che va pienamente utilizzato. L’impegno del Governo di avvalersi delle indicazioni contenute nelle risoluzioni, nelle relative relazioni, nella redazione della nuova versione del Piano e l’impegno di coinvolgere il Parlamento prima della sua trasmissione alla Commissione europea non discende solo da mero obbligo di ottemperanza nei confronti delle risoluzioni, ma anche e soprattutto dal convincimento che una condivisione strategica del Piano sia possibile soltanto attraverso il pieno coinvolgimento di tutte le istituzioni, in primo luogo del Parlamento. Questo, ovviamente, non riguarda soltanto la fase di predisposizione attuale, ma anche tutta la successiva fase di attuazione fino al 2026.

Alla luce delle osservazioni, delle relazioni e degli interventi odierni in Aula, permettetemi di condividere con voi qualche considerazione circa l’attività che stiamo svolgendo in queste settimane. Come sapete, il coordinamento di quest’attività è incardinato al Ministero dell’economia e delle finanze. Ci tengo però a dire che tutto il Governo è coinvolto nella redazione del Piano. Come sapete, la Commissione europea ha definito, attraverso le sue linee guida, i piani di ripresa e resilienza come piani che devono essere di riforma e di investimento. L’accento sulle riforme è fondamentale, non solo per garantire l’efficacia e la rapida attuazione degli stessi investimenti, ma anche per superare quei nodi strutturali che hanno per lungo tempo determinato nel nostro Paese una crescita insoddisfacente e livelli occupazionali inadeguati soprattutto per i giovani e per le donne. Molti di questi punti di debolezza sono stati ricordati questa mattina. Si è ricordato anche, per esempio, come la lista delle questioni da affrontare ora vada in realtà indietro nel tempo. La dotazione di risorse per l’Italia del fondo di ripresa e resilienza è stimata pari complessivamente a 191,5 miliardi di euro; di queste risorse circa il 60 per cento dovrà essere destinato a obiettivi di modernizzazione digitale del Paese e di transizione ecologica, con particolare riferimento alla lotta al cambiamento climatico.

Sono criteri precisi, rilevanti e impegnativi. Non sono solo la chiave per costruire un’Italia più moderna e più verde. Sono anche obiettivi indispensabili per rimanere al passo con lo sviluppo europeo, creando un ampio mercato per prodotti, servizi e nuove competenze, dal quale le nostre imprese e i nostri giovani potranno trarre pieno vantaggio.

Dobbiamo far sì, con questo Piano, che i giovani e le imprese siano al centro del nostro sforzo di ripresa. Mi riferisco, qui, alle imprese di tutti i settori: innanzitutto, il settore manifatturiero; i servizi, tra i quali, ovviamente, è fondamentale il turismo; l’agricoltura, che è stata spesso ricordata questa mattina.

Il Piano deve aiutare la trasformazione e il rafforzamento del nostro sistema produttivo. Tengo a ribadire, come ho già evidenziato in altre occasioni, che il Piano è un’occasione di sviluppo molto importante per il nostro Paese, ma non è l’unico strumento di politica economica per raggiungere obiettivi di crescita, inclusione ed efficienza.

La strategia di politica economica deve includere i fondi strutturali europei, il fondo di sviluppo e coesione, oltre che, naturalmente, la legislazione ordinaria. Ricordo che i fondi di investimento di durata di 15 anni, inclusi nelle ultime cinque leggi di bilancio, prevedono investimenti per quasi 200 miliardi. Questo mi conduce a due osservazioni.

La prima è che il Piano è uno strumento aggiuntivo prezioso. A questo proposito, vorrei dire che una parte significativa dei progetti finanziati con il PNRR riguarderà iniziative nuove. Inoltre, preciso che l’individuazione e la definizione, sia dei progetti in essere sia dei nuovi progetti, si basa su criteri volti a concentrare le risorse sugli interventi più innovativi, a maggior impatto sull’economia e sul lavoro.

Occorrerà evitare che la spesa aggiuntiva per investimenti prevista dal Piano sia compensata da una minore spesa ordinaria, come accaduto in altri casi in passato. Per questo, dobbiamo migliorare la nostra capacità di gestire progetti di investimento, il che richiede procedure più efficaci e snelle (questo punto è stato ricordato molto spesso questa mattina) e anche strutture tecniche, nelle pubbliche amministrazioni, centrali e non centrali, che siano più solide.

Seconda osservazione. È importante rammentare che i progetti che non fossero inclusi nel Piano non saranno necessariamente accantonati. Non solo esistono gli altri strumenti nazionali ed europei, ai quali facevo cenno in precedenza, ma stiamo pensando anche a costituire una linea di finanziamento ad hoc, complementare al Piano, che includa i progetti di investimento che, pur meritevoli di essere inclusi nel Piano per spirito e finalità, ne siano esclusi perché non soddisfano alcuni criteri più stringenti.

Vorrei anche soffermarmi su come la predisposizione del Piano, che ci vede impegnati in questi giorni, stia incorporando i tre temi trasversali riguardanti l’inclusione che il Piano si prefigge di affrontare: la parità di genere, i giovani e gli squilibri territoriali. L’intero Piano è improntato a una prospettiva di riequilibrio dei differenziali di genere e include misure volte a garantire una parità sostanziale nei diversi ambiti, non solo lavorativo, ma anche sociale e culturale.

In questo quadro, il Piano prevede azioni di sostegno all’occupazione e all’imprenditorialità femminile e l’attuazione di diversi interventi abilitanti, a partire da un deciso rafforzamento dei servizi sociali, quali gli asili nido. Inoltre, l’obiettivo di garantire la piena partecipazione dei giovani alla vita culturale, economica e sociale del Paese, investendo in istruzione e ricerca e intervenendo con politiche per incrementare il livello di occupazione giovanile, nel breve e nel lungo periodo, è trasversale a tutto il Piano.

Al di là degli effetti indiretti a favore dei giovani, derivanti dallo sviluppo dei nuovi settori perseguito dal Piano, si prevedono impatti diretti sulle nuove generazioni, in particolare nella missione istruzione e ricerca, con progetti dedicati al contrasto dell’abbandono scolastico, alla digitalizzazione della didattica, al potenziamento della ricerca; e nella missione inclusione e coesione, con interventi sulle politiche attive e sul lavoro e il potenziamento del servizio civile universale. Scuola, università, capitale umano sono cruciali per il nostro Paese. Dobbiamo anche superare le cicatrici indotte dalla pandemia sui processi di apprendimento l’anno scorso e quest’anno.

Uno degli elementi centrali del Piano nazionale di ripresa e resilienza, vale a dire la decisa trasformazione della nostra economia verso un paradigma di crescita inclusiva e sostenibile, costituisce di per sé un grande contributo al benessere e alla qualità della vita delle giovani generazioni. Ricordo che la questione climatica è anche una delle priorità della Presidenza italiana del G20.

Il Piano nazionale contribuirà a ridurre gli squilibri territoriali. Anche in questo caso opererà con due modalità: una diretta, attraverso il finanziamento di interventi localizzati nel Mezzogiorno, e una indiretta, attraverso azioni di carattere trasversale che hanno un forte impatto sulle aree del Sud e delle Isole. Nel complesso, le risorse destinate alle aree territoriali del Mezzogiorno supereranno significativamente la quota del 34 per cento. La questione delle risorse è cruciale, ma altrettanto importante è quella dell’organicità dell’intervento, che coinvolge le infrastrutture, in primo luogo l’Alta velocità (questo è un tema spesso ricordato questa mattina), la scuola, la sanità, l’agricoltura, gli asili nido ed altri comparti. La debolezza economica del Meridione ha cause complesse che richiedono un’azione su più fronti.

Un ultimo aspetto su cui vorrei soffermarmi riguarda la governance del Piano, in particolare relativamente all’interlocuzione tra Governo centrale ed enti territoriali. Come giustamente sottolineato nelle relazioni del Senato e della Camera, la definizione di una governance snella e ben definita a livello centrale delle autonomie territoriali è senz’altro un nodo cruciale. Nel raccogliere la sollecitazione del Parlamento su questo punto, vi anticipo che la proposta finale di Piano conterrà la descrizione di un modello organizzativo basato su una struttura di coordinamento centrale, collegata a specifici presidi settoriali preso tutte le amministrazioni coinvolte, unitamente a strumenti e strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione degli interventi. Questa cornice assicurerà una sana gestione finanziaria, il rispetto delle regole europee e nazionali e il rispetto degli obiettivi quantitativi e dei traguardi intermedi.

Inoltre, al fine di facilitare un’efficace e tempestiva attuazione del Piano, è prevista la definizione di un pacchetto di norme di semplificazione procedurale che agevoli la concreta messa in opera degli interventi, anche nel caso di interventi la cui realizzazione sarà responsabilità degli enti territoriali. La questione delle procedure, come spesso ho ricordato questa mattina, è la sfida più importante con cui dobbiamo confrontarci. Su questo punto, come su quello delle riforme, che è fondamentale nella costruzione di un Piano efficace, il Parlamento avrà un ruolo centrale nell’assicurare un contributo significativo o un dibattito ampio, ma anche una concreta capacità di individuare in tempi rapidi le soluzioni più opportune nei vari passaggi parlamentari, richiesti nei prossimi mesi ed anni per la realizzazione delle riforme.

Infine, la governance prevista assicurerà adeguate modalità di aggiornamento del Parlamento sullo stato di attuazione degli interventi e sul raggiungimento degli obiettivi. In particolare, sarà resa disponibile una piattaforma digitale pubblica centralizzata con i dati relativi all’attuazione dei progetti del Piano.

In conclusione, il Piano rappresenta una sfida organizzativa complessa, soprattutto – torno a dire – nella fase di attuazione. Esige una visione strategica e una capacità progettuale ed attuativa che stiamo cercando di calare nel Piano stesso. Dobbiamo completarlo e farne uno strumento di sviluppo e ridisegno del Paese. In questo ci aiuteranno le risoluzioni approvate dal Parlamento. (Applausi).