Il finanziamento occulto dell’Italia alla Francia di oltre due miliardi di €

 Gli Accordi con la Francia vietano a TELT di lanciare i bandi per lo scavo del Tunnel di Base

La Commissione europea non può imporre il calendario


Dopo il rinvio del lancio dei bandi imposto da Toninelli ai capi di TELT, corrono voci che nella prossima riunione dell’11 marzo il CdA di TELT potrebbe approvare questa decisione nella forma “attenuata” di preselezione delle imprese candidabili.

Comunque si voglia chiamare la decisione, è bene che i decisori politici sappiano che gli Accordi con la Francia vietano nelle attuali circostanze a TELT di lanciare i bandi per lo scavo del Tunnel di Base e TELT deve sempre rendere conto del suo operato agli Stati.

Ovviamente i Governi potranno decidere altrimenti, ma in questo caso occorrerà che sia approvata e ratificata dai Parlamenti nazionali una modifica agli Accordi in vigore.

E comunque lo si voglia chiamare questo progetto, Tav, TAC, mini tav o altro, comunque lo si voglia amputare di stazioni e linee di accesso in valle di Susa o altrove, ciò che resta è sempre la galleria di oltre 57 chilometri dei quali solo 12,5 in Italia.

Come è noto, fin dal 2004 l’accordo con la Francia prevede che l’Italia paghi la maggior parte dei costi, il Parere giuridico del prof. Foà ha definito questa situazione un finanziamento occulto italiano alla Francia di oltre 2 miliardi.

Il Ministro Toninelli ha ricevuto il 18 febbraio una Lettera della Commissione tecnica Torino-Lione contenente i suggerimenti per formulare correttamente la sua annunciata decisione di uscire dal progetto in modo “legale”.

Il Parere giuridico del 27 febbraio del prof. Sergio Foà, Ordinario di Diritto amministrativo dell’Università di Torino rafforza gli argomenti della sopracitata lettera.

Lo stop al lancio dei bandi, previsto dall’accordo tra il Ministro Toninelli e la ministra Borne firmato a Parigi l’8 dicembre 2018 non indicava alcuna data certa per il lancio degli appalti definitivi, ma permetterà ai due Governi di preparare il calendario dei negoziati per l’arresto del progetto Torino-Lione.

Per capirne di più, esaminiamo questo articolato Parere giuridico per capirne la portata.

Intanto giuridicamente non esiste l’urgenza di accelerare la decisione di avviare le procedure di appalto, visto che l’Accordo tra Italia e Francia del 2012 impone a Italia e Francia la disponibilità certa del finanziamento di tutta l’opera (compreso l’importo del 40% “promesso ma non ancora approvato dal Parlamento europeo”) quale requisito indispensabile per avviare la costruzione del tunnel di base. Questa disponibilità di fondi non esiste.

Il ministero delle infrastrutture italiano avrebbe affermato che non vi sono rischi nel lancio dei bandi perché un Decreto francese consente le “procedure senza seguito”, ossia il ritiro dell’appalto, per ragioni d’interesse pubblico.

Ma l’applicazione di quella norma, scrive Foà, è pressoché impossibile perché impone di dimostrare che è sopravvenuta una carenza di interesse generale non conosciuta né conoscibile al momento dell’aggiudicazione dei lavori, o una situazione di forza maggiore per la quale si interrompe la procedura.

Nel rispetto del generale principio di prudenza finanziaria tali procedure non devono essere nemmeno avviate.

Foà ricorda che gli Accordi con la Francia prevedono “di ricercare di mobilitare i capitali privati” al fine di “ridurre l’impatto finanziario sui bilanci statali”. Ad oggi manca del tutto un’identificazione dei partner privati disponibili a sostenere e i costi e le modalità dei loro contributi.

Parimenti, prosegue il prof. Foà, la decisione non assume l’urgenza di condizione necessaria per “permettere il mantenimento dei finanziamenti europei previsti”, vista la possibilità di rinegoziare con l’UE modalità e tempi di realizzazione o di abbandono dell’opera al momento giusto, senza accelerazioni ingiustificate.

Foà mette in evidenza che l’asimmetria della ripartizione dei costi tra Francia e Italia provoca una “sorta di finanziamento occulto e ingiustificato dell’Italia allo Stato francese”, perché l’Italia si è impegnata a finanziare il 57,9% del costo totale (ossia la maggior parte dei costi disponendo solo di 12,5 km di tunnel sui 57,5 totali) senza la contropartita francese sulla parte comune (33 Km dei due tunnel a due canne) e senza alcuna garanzia da parte francese di riequilibrare gli impegni rispettivi, in violazione dei principi del primo Accordo con la Francia del 2001.

L’importo di questo “finanziamento” italiano alla Francia vale più di due miliardi di €, ma di questo importo nessuno fino ad ora ha fatto menzione, eppure sono apparsi sui media i costi e le penali di ogni importo e genere che dovrebbe sopportare l’Italia se il progetto non avanzasse.

I gravi ritardi del progetto accertati dalla Commissione europea sono il risultato di una gestione complessivamente inefficiente e inefficace di TELT e il lancio dei bandi non può in nessun caso recuperare il tempo perso, è solo una cortina fumogena messa in atto da TELT per coprire le sue “difficoltà di gestione”.

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La Commissione europea non può imporre il calendario. A questo proposito il prof. Foà ricorda che sono le stesse norme della UE a rimettere agli Stati le valutazioni in merito, secondo i Regolamenti CEF e TEN-T: “la decisione di attuare la Torino-Lione è presa dagli Stati membri sulla base delle loro capacità di finanziamento pubblico nonché dalla loro fattibilità socioeconomica definita dall’analisi costi-benefici”.

Lo stesso Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha dichiarato il 21 febbraio scorso che “la Torino-Lione è una decisione che devono assumere Italia e Francia”.