ANALISI del DISCORSO di Hubert du Mesnil, Presidente di TELT

  alla Commissione per la pianificazione regionale e lo sviluppo sostenibile del Senato francese

Progetto di collegamento ferroviario Lione-Torino – Audizione di Hubert du Mesnil, presidente della società Lyon-Turin Euralpin Tunnel – 10 febbraio 2021

La traduzione dal francese è basata sul testo fornito dal Senato la cui trascrizione non riproduce tutto il parlato ma lo ha trasformato e sintetizzato. 

Per una più facile comprensione, la trascrizione in italiano che segue è stata rimontata raggruppando tutte le domande e riunendo le risposte per argomenti.

Seguono al fondo i testi originali in francese.

COMMENTO – L’intervento di Hubert du Mesnil Presidente di TELT al Senato francese è stata una visibile azione di lobby, attraverso una narrazione, solo verosimile, dello stato dell’arte della Lyon-Turin, per sollecitare lo Stato francese a garantire il futuro del progetto, sia sul fronte dello scavo del tunnel che su quello delle linee di accesso al tunnel tra Lione e Saint-Jean-de-Mauirienne (un investimento pari a circa 5 volte la quota francese del tunnel di €2 Mld.) senza le quali il tunnel si trasformerebbe in una fallimentare cattedrale nel deserto.

Tutto ciò con l’obiettivo di offrire ai sostenitori del progetto – come la Transalpine e i partiti politici favorevoli al progetto – una visibilità e una credibilità del loro agire lobbistico.

Ma, visto che HdM ha dichiarato di non avere le competenze per rispondere ai quesiti chiave (calendario dei lavori, costi a consuntivo, previsione dei traffici merci e passeggeri attraverso il tunnel, redditività della gestione del tunnel) e ha negato che l’opera sia un problema ambientale, il suo intervento è stato anche una chiamata di soccorso rivolta a tutti coloro che potrebbero offrire nel dibattito pubblico le risposte a sostegno dello scavo del tunnel.  

Ciò detto, le dichiarazioni di HdM vanno valutate con la diffidenza indispensabile nell’ascoltare un conferenziere che dichiara di “rispondere alle vostre domande con grande modestia…“, ossia un personaggio che non può che essere -per la responsabilità che porta-, in conflitto di interessi.

Domande dei Senatori

M. Jean-François Longeot - La mia domanda riguarda le critiche che sono state mosse al progetto. In una dichiarazione che risale al 2012, la Corte dei conti ne ha fatte un certo numero, vale a dire la bassa redditività socio-economica del progetto, la revisione al ribasso delle previsioni di traffico, le incertezze in termini di finanziamento e la gestione inadeguata dell’operazione. Come ha reagito a queste osservazioni? Sono state risolte tutte le difficoltà sollevate quasi dieci anni fa?

M. Rémy Pointereau – La nostra commissione ha istituito una missione di informazione sul trasporto merci di fronte agli imperativi ambientali, di cui la mia collega Nicole Bonnefoy ed io siamo relatori. In questo contesto, abbiamo sentito dichiarazioni contraddittorie sul futuro del trasporto ferroviario di merci; alcuni sono molto favorevoli e prevedono di raddoppiare la quota del trasporto ferroviario, dal 9% al 18%, entro il 2030, mentre altri ritengono che dobbiamo abbandonare questa chimera del trasferimento modale.

Il progetto Lione-Torino è fortunatamente basato sulla prima ipotesi. Quali sono le previsioni di traffico su questo collegamento ferroviario e quali sono le leve per incoraggiare il trasferimento modale? Penso in particolare agli aiuti al funzionamento e alla qualità del servizio.

Inoltre, possiamo sperare che la Lione-Torino aumenti il traffico sulla linea ad alta velocità Parigi-Lione (LGV) a sufficienza per la costruzione della linea Parigi-Orléans-Clermont-Ferrand-Lione (POCL), che svilupperebbe la zona e raddoppierebbe questa LGV?

M. Stéphane Demilly - Come lei ha sottolineato, il progetto Lione-Torino solleva molte critiche, in particolare per quanto riguarda la sua redditività. C’è disaccordo sulle previsioni di sviluppo del traffico passeggeri e merci, così come sul costo ecologico della linea. Al di là di queste critiche, che dire delle ultime stime per garantire la redditività economica e ambientale del progetto?

Il progetto, come il meraviglioso canale Senna-Nord Europa, è stato selezionato dalla Commissione europea nell’ambito del Meccanismo europeo di interconnessione (CEF). È quindi finanziato al 40% da fondi europei. Volete anche voi beneficiare del piano europeo di recupero?

Mme Martine Filleul - Per quanto riguarda il trasferimento modale, lei ha citato l’esempio svizzero, ma è stato piuttosto vago sulle prospettive. Avete ora delle cifre stabilizzate?

M. Étienne Blanc - L’Europa ha accettato di finanziare il 50% del tunnel di base. Tuttavia, la priorità di Bruxelles è il trasporto merci, non il trasporto passeggeri, per ragioni non solo ambientali ed economiche, ma anche di apertura all’Europa dell’Est. Tuttavia, affinché il trasporto merci sia al centro di questo investimento, le vie d’accesso al tunnel di base devono essere migliorate, sia creando una linea diretta tra Lione e Saint-Martin-La-Porte, sia migliorando la linea Dijon-Modane, sulle rive del lago Bourget e attraversando Chambéry. I rappresentanti eletti della regione hanno dato la priorità a un collegamento diretto tra Lione e Saint-Martin-La-Porte. Qual è la posizione di TELT?

Stiamo discutendo con l’Italia, e anche con l’Europa, sulle scadenze. Bruxelles sta pensando di prendere un mandato di esecuzione per assicurarsi che siano rispettati. Quali decisioni specifiche, quali atti giuridici, finanziari e diplomatici specifici state aspettando per garantire il rispetto della scadenza del 2030 e quindi placare i timori del ministro dei trasporti italiano, che si aspetta un rinvio oltre il 2032?

M. Jacques Fernique - Gli svizzeri hanno mostrato in modo illuminante la necessità di una politica globale. Non si sono limitati di costruire la loro serie di tunnel di base. Nel 1992 hanno fissato il numero massimo di veicoli pesanti autorizzati ad attraversare le Alpi e si sono dati i mezzi per spostare il trasferimento modale prima della messa in servizio delle gallerie, portando la ferrovia al 60%. Per fare questo, non solo hanno introdotto la tassa sui veicoli pesanti legata al servizio, l’eco-tassa, ma hanno anche sfruttato appieno la linea ferroviaria storica.

In Francia, ho l’impressione che stiamo facendo un errore di priorità. Una volta completato il tunnel di base, non c’è il rischio di ritrovarsi con una cattedrale nel deserto, perché non abbiamo spostato abbastanza il cursore modale?

M. Olivier Jacquin In questo progetto veramente politico, la stretta razionalità economica può essere messa in discussione. Tuttavia, non mi avete rassicurato su una delle enormi debolezze del progetto, cioè l’accesso francese al tunnel. Lei ha detto, in modo un po’ ambiguo, che il suo obiettivo era di far entrare un milione di camion nel tunnel. Il raggiungimento di questo obiettivo ambientale, che dobbiamo sostenere, soprattutto ora che il tunnel è quasi completato, richiederà l’esistenza di reti di qualità sia a monte che a valle. Ed è qui che si trova la fragilità.

Si è fatto riferimento alla portata delle ristrutturazioni, che potrebbero estendersi fino a Digione. I camion saranno allora obbligati a utilizzare le reti combinate in condizioni accettabili? Alcuni hanno messo in discussione il trasporto ferroviario di merci in generale, che ha suoi terreni di riferimento, in particolare per le lunghe distanze. Domani, un camion che viene da Amsterdam per recarsi in Italia sarà obbligato a utilizzare un’autostrada ferroviaria via Lione-Torino?

M. Joël Bigot - Sembra che le nostre infrastrutture non permettano attualmente l’accesso a questo tunnel. Quando pensa che sarà possibile assicurare la fluidità del traffico sul lato francese di questa infrastruttura, che è molto importante per lo sviluppo stesso del territorio europeo?

M. Hervé Gillé - È difficile oggi visualizzare la strategia logistica che dovrebbe essere messa in atto per cercare di ottimizzare i flussi verso questa opera. Abbiamo la sensazione che la logica del mercato si applichi e che non ci sia alcuna anticipazione. Potrebbe darci qualche elemento di apprezzamento su questo argomento?

Si potrebbe pensare che, domani, alcuni collegamenti aerei potrebbero essere aboliti per trasferire il traffico al collegamento ferroviario. È già in corso il dibattito su come anticipare al meglio questo trasferimento?

È sempre difficile oggettivare il cosiddetto “impatto ambientale” di questo tipo di progetti. Una valutazione ambientale di qualità del tunnel, un progetto emblematico a livello europeo e mondiale, permetterebbe di fornire chiavi metodologiche e arricchire il dibattito politico. Cosa ne pensate di questo?


Risposte di M. Hubert du Mesnil, risponderò alle vostre domande con grande modestia…

1 – Budget

2 – Green Deal

3 – Previsioni di Traffico

4 – Logistica

5 – Traffici

6 – Regolamentazione Traffico Camion

7 – Redditività dell’Opera

8 – Calendario lavori

9 – Tracciato

10 – Finanziamenti e Redditività per la Francia

11 – Vie di Accesso al Tunnel

12 – Finanziamento delle Vie di Accesso al Tunnel

13 – Calendario delle Vie di Accesso Italia e Francia & Finanziamenti

14 – Impatto ambientale

15 – Rating TELT

16 – Controllo Infiltrazioni Mafiose

17 – Controllo Ambientale Cantiere

18 – Futuro Linea TGV Parigi Lione

19 – Supporto o critiche politiche


1 – Budget

Il costo, stimato in 8,3 miliardi di euro, è finanziato al 40% dall’Europa, al 35% dall’Italia e al 25% dalla Francia. Questa stima è la stessa da quando il progetto è stato lanciato, non è cambiata. Nel 2012, gli Stati hanno concordato il processo e la creazione del promotore; nel 2015: il progetto è stato lanciato, con questo preventivo. Riusciremo ad arrivare alla fine? Non sto facendo una prognosi, stiamo facendo tutto il possibile per mantenere il bilancio, ma non è vero che il bilancio è aumentato.

Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che questo importo si riferisce al tunnel stesso, di cui siamo responsabili. Oltre a questo, ci sono gli accessi al tunnel, sul lato italiano e sul lato francese; questi sono altri due progetti. L’obiettivo è di sviluppare l’intero percorso Lione-Torino, ma questa stima si riferisce solo al tunnel.

2 – Green Deal

Questo progetto si inserisce bene nel Green Deal europeo e nelle scelte strategiche per accelerare le politiche di lotta contro il cambiamento climatico e la transizione ecologica. Questo è anche il motivo per cui la Commissione insiste nel togliere ogni dubbio sul completamento puntuale del nostro progetto.

Stiamo beneficiando del piano di rilancio francese per 200 milioni di euro e siamo anche parte della politica europea di rilancio economico.

3 – Previsioni di Traffico

Inizierò con la sua domanda sulle previsioni di traffico e la questione del trasferimento modale. Quando il progetto è stato lanciato, la SNCF intendeva sviluppare una rete TGV europea. Quando gli Stati hanno preso in mano il progetto e quando l’Unione Europea lo ha incluso nel suo progetto di rete, la componente merci è diventata dominante, anche se il tunnel deve essere misto.

Così, se pensiamo che il trasporto ferroviario di merci non ha futuro e non ha interesse, dobbiamo mettere fine al progetto, che non può difendersi se abbiamo solo la prospettiva del trasporto di passeggeri. Ci sono altri progetti di trasporto passeggeri più urgenti in Francia, tra cui quello da lei citato.

Questo progetto è quindi interessante solo se crediamo che il trasferimento modale sia possibile e necessario. È necessario? Tutti possono vedere il suo interesse ambientale. È possibile e a quali condizioni? Partiamo con un grande handicap, perché siamo tra i paesi europei con le tariffe ferroviarie più basse. Se pensiamo che non possiamo fare di meglio e che dobbiamo accontentarci del traffico autostradale, dobbiamo abbandonare il progetto.

Tuttavia, non credo che questo sia impossibile. Sono stato molto colpito negli anni 2000 da quello che è successo in Svizzera. La situazione alpina del paese ha reso il traffico difficile, ma gli svizzeri si sono rifiutati di agevolare il trasporto su strada e hanno fatto ciò che era necessario per garantire il trasferimento modale, cioè investire in infrastrutture efficienti per il trasporto merci, con due grandi tunnel nord-sud attraverso le Alpi già completati, e regolare il traffico stradale, cioè far pagare. L’hanno fatto con un forte sostegno popolare. Hanno quindi le stesse difficoltà che abbiamo noi, ma hanno costruito i loro tunnel e ora più di due terzi del traffico va su rotaia. Quello che è stato fatto in Svizzera si basa sulla stessa logica, lo stesso obiettivo – la lotta contro l’inquinamento, lo sviluppo ferroviario – e le stesse difficoltà che abbiamo noi. Perché quello che è possibile in Svizzera non dovrebbe essere possibile in Francia?

Tuttavia, questo non è sufficiente. Se pensiamo di essere capaci come loro, perché il trasporto ferroviario di merci sia importante, sono necessarie altre condizioni, come la qualità del servizio e l’esistenza di linee ferroviarie. Una volta che il treno ha attraversato le Alpi, deve passare per Lione e poi risalire verso nord. Le linee riservate al traffico merci devono essere di buona qualità. Gli stessi requisiti di affidabilità e sicurezza devono quindi essere applicati ai treni merci e ai treni passeggeri. Come sappiamo, quando ci sono lavori o movimenti sociali, i treni merci non passano, non c’è impegno per la qualità del servizio. Il trasferimento modale avverrà solo se c’è la volontà di farlo e questa volontà è ampiamente condivisa.

D’altra parte, è necessario uno sforzo nazionale, con risorse finanziarie, investimenti nella rete e priorità a favore del traffico merci, in modo che questo traffico risponda alle stesse esigenze di qualità qui come altrove. In Svizzera e nell’Italia settentrionale, ci si stupisce del modo in cui viene trattato il trasporto delle merci. In Francia, abbiamo dei TGV ad alte prestazioni, ma il nostro sistema per i treni merci è in ritardo di anni.

Dobbiamo quindi lavorare su tutti questi registri, ma l’idea che il cambio modale non sia più opportuno mi scuote profondamente.

4 – Logistica

Il flusso di merci si evolve, perché il mercato si evolve. La crisi probabilmente lo costringerà anche ad evolversi. Il boom dell’economia ha portato a una mobilità molto elevata e a una logistica sfrenata, con una corsa a capofitto di tutti i mezzi per ottenere i costi più economici possibili. Abbiamo visto a cosa può portare questo in termini ambientali. Spero che, con l’aiuto della crisi, la logistica internazionale sia meglio regolata e che l’entusiasmo possa calmarsi.

Dobbiamo combinare la libertà del mercato della logistica con la fornitura di infrastrutture di qualità e la regolamentazione economica: non è normale che il viaggio non costi nulla. Penso alle navi che trasportano container dalla Cina a prezzi imbattibili. Dobbiamo dare alle cose il loro vero valore. Il trasporto che produce inquinamento, come può fare un camion, deve pagare in un modo o nell’altro.

La crisi ci ha appena dimostrato che il laissez-faire non porta necessariamente all’ottimizzazione. Le autorità competenti, a livello nazionale, europeo e internazionale, devono prendere in mano la situazione. Certamente c’è ancora molto da fare se vogliamo rimediare alla situazione e non sprofondare nella crisi.

Non penso che questo progetto sia sfavorevole ai porti francesi. Non vedo perché il porto di Marsiglia, che ha capacità assolutamente notevoli, debba essere penalizzato rispetto ai porti italiani. È vero che, prima della crisi, gli italiani guardavano la Cina dall’alto in basso. All’epoca, ci si aspettava che la Cina fornisse finanziamenti e sostegno al grande traffico internazionale. Sono sempre stato molto riservato su questi temi: la mia missione non era quella di accogliere più facilmente il traffico cinese. Abbiamo già molto da fare nei nostri territori.

5 – Traffici

Non mi sento in grado di decidere quale sia la curva di traffico che giustifica l’esistenza del tunnel. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e il calo del traffico che ha causato, si è pensato che il progetto non fosse più giustificato. Ma due o tre anni dopo, il traffico aveva ricominciato ad aumentare. Questi sono di nuovo tempi difficili. Sono totalmente incapace di fare qualsiasi tipo di previsione. Gli studi devono essere fatti, certo, ma non spetta a loro dettare quella che è innanzitutto una decisione politica.

Il ruolo di questo asse sarà innanzitutto quello di facilitare i collegamenti tra le due regioni economiche Auvergne-Rhône-Alpes e Piemonte, che hanno già molte ragioni per aumentare i loro scambi – persone e merci. Se allarghiamo la nostra visione, questo percorso collegherà la Spagna, il sud della Francia, il nord Italia e il nord Europa. La posta in gioco economica è già notevole.

Quello che è certo è che il nostro progetto permetterà il passaggio di un milione di camion, una parte significativa dei mezzi pesanti che oggi attraversano le Alpi attraverso i tre itinerari del Monte Bianco, del Fréjus e di Ventimiglia. Questo sarà possibile solo se questi camion troveranno su entrambi i lati dei percorsi e delle reti che abbiano una priorità sufficiente per passare.

6 – Regolamentazione Traffico Camion

Il traffico di camion dovrebbe essere vietato? In ogni caso, deve essere regolato. Il traffico può già essere frenato vietando un’intera categoria di camion – quelli che trasportano merci pericolose, quelli che non rispettano le norme ambientali, ecc. – e attraverso le tariffe.

Il desiderio dell’Europa è di eliminare la possibilità che un camion attraversi tutta l’Europa, dalla Lituania al Portogallo. Una parte del traffico intraeuropeo dovrebbe essere spostata sul treno.

7 – Redditività dell’Opera

Sono consapevole delle critiche che ci sono state rivolte, in particolare dalla Corte dei Conti. In questo caso, il concetto di redditività è stato valutato con otto metodi diversi; a seconda che si tratti di un anno di crisi o di un anno di crescita, si ottengono risultati diversi. Tuttavia, se pensiamo a lungo termine, se accettiamo l’idea che questa opera è fatta per durare cento anni, non fa molta differenza. Non sto prendendo una posizione in questo dibattito. Questi metodi sono stati discussi e le autorità nazionali ed europee hanno deciso che è necessario intraprendere il progetto; stiamo facendo il meglio che possiamo.

8 – Calendario lavori

Ci fu un lungo periodo di studi, lavori di ricognizione e di esplorazione geologica. Alcuni hanno trovato questo periodo troppo lungo; penso che abbiamo fatto bene a prenderci il tempo per studiare la conformazione di questa montagna. Parte del ritardo è imputabile alle difficoltà italiane e alla violenta opposizione in Valle di Susa, che ci ha costretto a modificare il progetto. L’atteggiamento dei nostri amici italiani è stato ancora messo in discussione fino a poco tempo fa, ma ora siamo entrati in una fase definitiva, cioè lo scavo del tunnel principale. Stiamo infatti preparando le gare d’appalto per assegnare i contratti per la costruzione del tunnel. Siamo quindi in una fase di costruzione massiccia, poiché questi bandi di gara per la costruzione del tunnel rappresentano 4 miliardi di euro.

L’obiettivo fissato dai finanziatori – UE, 40%, Italia e Francia – è il 2030. È stato detto che non ci arriveremo. Non lo so, è una tabella di marcia stretta, ma stiamo cercando di rispettarla. La crisi sanitaria ci rallenta, ma non ci ferma. Manteniamo l’obiettivo del 2030, perché è nel contratto che ci lega all’Europa e ai due Stati coinvolti. Il nostro dovere è quello di fare tutto il possibile per soddisfarlo.

Alla fine del 2021, negozieremo il nuovo contratto di finanziamento con l’UE, quindi discuteremo di nuovo il calendario. Dobbiamo mantenere il 2030 o posticipare il programma di due anni? Lascio che i dirigenti delle tre entità considerino le nostre difficoltà, non sono enormi, ma sono reali. C’è, tuttavia, un compromesso tra il costo e la tabella di marcia; l’aumento del numero delle TBM permette di andare più veloce, ma è più costoso.

9 – Tracciato

Inoltre, perché una nuova linea? Questa linea appartiene alla rete europea. L’Unione europea ha voluto a lungo creare una rete ferroviaria ad alta capacità su scala europea che possa gestire sia le merci che i passeggeri. Questa rete è strutturata intorno a nove corridoi, in questo caso il corridoio sud, conosciuto come il corridoio “Mediterraneo”, che va dal sud della Spagna all’Europa orientale. Passa per Montpellier, sale a Lione, attraversa le Alpi e poi continua verso l’Italia e verso est.

C’è già una linea da Lione a Torino, attraverso il tunnel del Fréjus, quindi perché costruirne una seconda? Il tunnel del Fréjus risale al 1871: questa linea storica non può soddisfare gli obiettivi di oggi, questo argomento deve essere chiaramente chiuso. Ci sono due ragioni per questo.

Da un lato, questa linea non è adatta al trasporto merci, poiché non permette un traffico ad alta capacità e ad alta velocità. Infatti, trattandosi di una linea di montagna, il treno deve essere diviso in due – non può pesare più di 600 tonnellate – e sono necessarie due o anche tre locomotive. È quindi costoso e inefficiente.

D’altra parte, è un tunnel a canna singola. I regolamenti europei richiedono due tubi per il trasporto merci sui treni ad alta capacità, come il tunnel della Manica. Inoltre, il tunnel che stiamo costruendo sotto le Alpi è l’equivalente di questo tunnel: due tubi indipendenti a binario unico, che permettono ai treni di non incrociarsi, con la possibilità di passare da un tunnel all’altro in caso di incidente.

La linea storica permette il passaggio di treni, ma in quantità molto piccole. Il traffico annuale è ora di circa 3 milioni di tonnellate, rispetto agli oltre 10 milioni di tonnellate di qualche anno fa.

10 – Finanziamenti e Redditività per la Francia

In totale, la Francia finanzia solo il 25% del costo del tunnel. A parte la questione della redditività economica, ci si potrebbe chiedere se non sia nell’interesse della Francia, pagando solo il 25% del costo di quest’opera, sviluppare attrezzature per il trasporto ferroviario di merci su larga scala.

Resta il fatto che questo è un desiderio europeo sostenibile, che risale a più di 30 anni fa. Maggioranze e governi si sono succeduti, ma l’Europa è sempre rimasta sulla stessa linea.

È vero che sarebbe meglio, per un progetto così lungo, se il finanziamento fosse assicurato. Non è proprio così. L’Italia è l’unico paese a fornire un finanziamento pluriennale al progetto, avendo il governo Monti votato un bilancio pluriennale corrispondente all’80% della quota italiana e al 35% del costo totale.

In Francia, dipendiamo da un voto annuale. Il finanziamento dell’Agence de financement des infrastructures de transport de France (Afitf) deve essere rinnovato ogni anno, anche se abbiamo l’impegno politico dello Stato, che ci autorizza a firmare i contratti.

Tre o quattro anni fa si è lavorato per proporre un finanziamento di altro tipo, in particolare il bando per l’Eurovignetta e un pacchetto finanziario basato su un prestito, che non è stato accettato. La discussione non è definitivamente chiusa, dato che si sta riconsiderando il rispetto dei criteri del debito. È senza dubbio un po’ un peccato non ricorrere al prestito per finanziare un progetto che durerà più di cinquant’anni… In ogni caso, l’argomento rimane aperto.

Per il momento, l’Afitf ci concede dei crediti ogni anno. Fino a poco tempo fa, questi crediti erano relativamente modesti, ma le somme saranno molto più grandi nel 2021, 2022 e 2023. L’Afitf dovrà gestire questa difficoltà. Non abbiamo particolari preoccupazioni, ma non si può dire che ci sia un finanziamento strutturato, pluriennale e sicuro. Operiamo un po’ alla rinfusa.

La situazione non è molto migliore a livello europeo: il finanziamento era garantito fino al 2021 ed è stato esteso al 2022. Le discussioni inizieranno per i prossimi anni, ma ora si parla di ridurre a tre anni il contratto che pensavamo di avere per sette anni. In altre parole, non avremo nemmeno un importo garantito da Bruxelles con le chiavi di finanziamento che ho menzionato. Non ho dubbi che vogliamo andare fino in fondo, ma dobbiamo periodicamente rimettere la questione sul tavolo e, ogni volta, discutere i termini e le condizioni. Questa è probabilmente una debolezza.

Per quanto riguarda la regolamentazione, vi ricordo che gli onorevoli Destot e Bouvard avevano lavorato insieme su una proposta di pacchetto, con un prestito garantito in particolare dalle entrate delle autostrade, come ha fatto la Svizzera. Questo è un argomento delicato. I due parlamentari avevano dimostrato che era possibile riscuotere una tassa abbastanza moderata su un numero molto grande di camion in una zona molto vasta, compresa Ventimiglia. Bruxelles aveva considerato piuttosto positivamente questa soluzione. Non credo che il tema sia stato definitivamente abbandonato, ma per il momento non è oggetto di proposte elaborate. Dobbiamo davvero giocare su entrambi i fronti.

11 – Vie di Accesso al Tunnel

La società binazionale franco-italiana TELT, totalmente pubblica, controllata al 50% dai due Stati, è incaricata del tunnel. Tuttavia, il coordinamento è necessario lungo tutto il percorso, perché nel tunnel i treni passeggeri viaggeranno a 220 chilometri all’ora e i treni merci a 120 chilometri all’ora. Se il tunnel è completato, ma gli accessi non sono costruiti, la capacità del tunnel non sarà utilizzata.

Appoggiamo quindi i piani di sviluppo delle vie d’accesso, che sono oggetto di difficili discussioni. Dovremmo iniziare con Lione, con Chambéry? Questo non è di nostra competenza, ma il progetto delle vie di accesso deve essere realizzato correttamente.

È possibile migliorare le vie d’accesso, in particolare l’itinerario Digione-Modane. Ho molta simpatia per questo magnifico percorso lungo il Lac du Bourget, ma non è più il corridoio mediterraneo. Il nostro oggetto è andare a Lione e poi giù in Spagna. Non commento l’interesse di migliorare il servizio per Digione, dico solo che non risolve il grande problema di Lione – attraversare la città, la stazione Part-Dieu… Non ci sfuggirà un grande sforzo di investimento per affrontare il nodo di Lione.

Nel linguaggio di Bruxelles, l’atto di esecuzione permette all’Europa di intervenire in un ruolo di coordinatore dei lavori. La Francia tende a dire che tutti dovrebbero rimanere a casa quando si tratta di accesso alla Francia, ma i nostri amici italiani vorrebbero sollevare queste questioni, perché il percorso è unico. Il ruolo di Bruxelles è quindi importante.

12 – Finanziamento delle Vie di Accesso al Tunnel

L’Unione Europea ha offerto un contributo per finanziare le vie d’accesso. Speriamo che questo acceleri lo sviluppo di queste vie. Questo è già stato fatto sul lato italiano; sul lato francese è più complicato, più lungo e più costoso. La Francia voleva aspettare la costruzione del tunnel prima di costruire le vie di accesso, ma questo avrebbe rimandato la costruzione delle vie di accesso troppo in là nel tempo. Questo non è stato accettato a livello europeo. Stiamo lavorando con SNCF Réseau per avere un programma di sviluppo graduale più rapido. Inoltre, la Commissione ha fatto sapere che vuole aumentare il suo finanziamento dal 40% al 50%, con un bonus del 5%, perché la nostra società binazionale è un buon allievo. Questo porterebbe il finanziamento europeo al 55%, il che è eccezionale; questo progetto ha quindi una forte dimensione europea ed è andato avanti grazie alla forte determinazione dell’Unione.

13 – Calendario delle Vie di Accesso Italia e Francia & Finanziamenti

Per quanto riguarda il calendario delle vie di accesso, il progetto è pronto sul lato italiano. Sarà finanziato dal piano di risanamento italiano, che è molto sostenuto dall’Europa. Si prevede che, come primo passo, la linea esistente sarà potenziata fino a Torino, che si trova vicino a Susa. Non sarà quindi difficile da realizzare.

Sul versante francese, le cose sono state rilanciate poco più di due anni fa. SNCF Réseau sta svolgendo dei lavori per riprendere il progetto che avevamo preparato a Réseau Ferré de France. Questo progetto di accesso era abbondante, poiché comprendeva due nuove linee da Lione a Saint-Jean-de-Maurienne, una per le merci e l’altra per i passeggeri. Questo progetto è stato oggetto di una dichiarazione di pubblica utilità (DUP). È stato contestato davanti al Consiglio di Stato, che lo ha approvato. Essendo troppo costoso, il ministero ha deciso di istituire una commissione di lavoro, presieduta dal prefetto, per riprendere il progetto oggetto del DUP e semplificarlo in modo che la continuità del traffico sia assicurata all’apertura del tunnel, cioè entro il 2030, e di procedere per tappe, la prima delle quali permetterà di assicurare un flusso normale di traffico nel 2030 nel corridoio che porta a Lione.

Due scenari, corrispondenti a due possibili percorsi, sono stati esaminati in modo più approfondito. La scelta tra questi due scenari sarà fatta l’anno prossimo nel quadro della DUP. Poiché l’ostacolo molto importante della DUP è stato superato, il calendario può essere compatibile con l’orizzonte 2030-2032. La scelta tra i due scenari non è facile. Uno dà una chiara priorità alle merci e non migliora molto la situazione per i passeggeri in prima istanza. C’è un compromesso da fare. In ogni caso, la situazione si è ripresa piuttosto bene. Quando lo scenario sarà scelto, potremo andare avanti.

14 – Impatto ambientale

Per quanto riguarda l’impatto ambientale, partiamo dall’aspetto negativo: ogni volta che lavoriamo in montagna, produciamo anidride carbonica, quindi il bilancio inizia ad essere negativo. Tuttavia, poi diventa positivo, poiché eliminiamo i camion e li mettiamo sui treni.

Oggi, l’8% del traffico passa per la ferrovia e il 90% per la strada. In Svizzera, più del 60% del traffico è trasportato su rotaia. Il nostro obiettivo è di raggiungere quasi il 50%. Elimineremo i camion, mettendo un milione di camion sui treni invece che sulla strada.

All’inizio, con il cantiere, provocheremo quindi un inquinamento ambientale e poi correggeremo la situazione eliminando i camion. Possiamo discutere sul numero di anni che ci vorranno perché il bilancio diventi positivo; non sono un esperto, non sto prendendo posizione. Ma voglio mantenere al minimo i danni ambientali causati dal cantiere e poi, una volta aperto il tunnel, voglio fare in modo che i camion siano messi sui treni il più velocemente possibile.

15 – Rating TELT

La società TELT è considerata un buon allievo da Bruxelles. Questa società binazionale è completamente pubblica. Questa era una condizione che avevo posto per partecipare al progetto; ho vissuto in prima persona la costruzione del tunnel della Manica e ho visto che era necessaria una società pubblica. Detto questo, questa azienda binazionale è un’organizzazione originale e richiede sforzi di adattamento culturale tra il team francese e quello italiano, ma, se si accettano le differenze, dà ottimi risultati, perché c’è un personale di alta qualità da entrambe le parti.

Inoltre, le aziende che lavorano sui siti sono quasi sempre multinazionali. I gruppi che si aggiudicano i contratti includono francesi, italiani e spesso svizzeri; mettono insieme squadre di diverse nazionalità, spesso frontalieri, e funziona bene.

16 – Controllo infiltrazioni mafiose

Un’altra questione importante per noi, oltre all’ambiente, è l’integrità; abbiamo un rigido meccanismo di controllo per evitare qualsiasi intrusione della mafia.

17 – Controllo Ambientale Cantiere

Abbiamo fatto buoni progressi sul tema dell’impatto ambientale: ci sono sempre più norme, si sta mettendo in atto una supervisione amministrativa, e così via. Ora abbiamo 141 punti di controllo dove, in collaborazione con enti pubblici e sotto il controllo dei ministeri, si misurano continuamente la qualità dell’acqua e dell’aria, l’intensità del rumore, i livelli di polvere, ecc. Al di là della retorica, la questione dell’ambiente comporta aspetti tecnici e considerazioni scientifiche molto concrete.

L’impatto ambientale comporta prima di tutto il controllo del cantiere. Abbiamo già fatto molti progressi, ma c’è ancora molto che possiamo fare. Farò solo un esempio: i materiali che escono dal tunnel. Il nostro obiettivo è quello di riutilizzare più della metà di questi materiali, per fare calcestruzzo, riempimento, paesaggistica, per tappare le cave, ecc. Oggi, però, non è possibile spostare i materiali attraverso il confine italiano, perché le normative francesi e italiane non sono compatibili. L’Europa non può lavorare per una visione circolare globale integrata e per un’armonizzazione delle regole che ci permetta di ottimizzare la gestione dei nostri materiali come ottimizzeremo il trasporto delle merci?

Su questo argomento, la ragione può prevalere, soprattutto se l’interesse di tutti a fare progressi sull’ambiente è ben percepito. Sono in procinto di mobilitare i ministeri competenti per cercare di trovare una soluzione a questo problema – avrei così contribuito all’Europa nel mio modesto modo? Spero che avremo successo.

18 – Futuro Linea TGV Parigi Lione

Sulla questione della linea Parigi-Lione, sarò meno in grado di rispondervi. L’attenzione di Bruxelles è concentrata sul corridoio meridionale verso la Spagna, il sud della Francia fino a Lione e poi attraverso le Alpi. Parigi-Lione non appartiene a quel quadrante. Detto questo, il notevole accorciamento dei tempi di percorrenza dovrebbe aumentare il traffico verso Torino, dato che si risparmieranno due ore.

La questione Parigi-Lione deve essere considerata alla luce delle prospettive di crescita del traffico italiano. Non so dove sia il progetto di raddoppio su cui stavo lavorando in quel momento. Il progresso tecnico e il miglioramento degli strumenti di segnalazione dovrebbero permettere di densificare ulteriormente le linee attuali. Non posso dire come si svilupperà il traffico TGV in questo mondo dove tutto cambia così rapidamente, ma l’asse Parigi-Lione rimarrà la spina dorsale della nostra rete nazionale.

Pochissimi passeggeri oggi usano la Parigi-Torino, perché il viaggio è troppo lungo. Risparmieremo due ore tra Lione e Torino e penso, anche se altri sono più competenti di me a sollevare queste questioni, che la vicinanza tra queste due ultime città dovrebbe portare ad un aumento del traffico, anche con Parigi.

19 – Supporto o critiche politiche

Certi sviluppi politici portano a dei cambiamenti, a degli interrogativi, persino a delle critiche. Sono molto disturbato dalla posizione dei partiti o movimenti ecologisti. Inizialmente favorevoli al progetto, in quanto dava la priorità al trasferimento modale e al rispetto della Convenzione delle Alpi, ora si oppongono. Tuttavia, il trasferimento modale e la protezione dell’ambiente sono le ragioni principali dell’esistenza del tunnel. E queste ragioni sono ora osteggiate dalle stesse persone che le difendono, ritenendo che il percorso attuale sia sufficiente.

Non siamo in grado di affrontare queste questioni in modo obiettivo. La domanda su quanti treni possono passare sulla linea è razionale e richiede una risposta razionale, al di fuori dell’ideologia o della sensibilità. È un’analisi oggettiva che può essere verificata, valutata. Ma non possiamo farlo e rimaniamo con un equivoco fondamentale. Questo è il punto in cui ci troviamo ora. Non so se riusciremo a conciliare le nostre posizioni, anche se dovremmo condividere la stessa linea di preoccupazioni ambientali.

La politica italiana è abbastanza sottile. Nell’Italia settentrionale, la volontà è molto condivisa negli ambienti economici e politici. Solo il Movimento 5 Stelle si oppone, riportando le proteste molto forti nella valle. Penso che i nostri amici italiani abbiano fatto un errore non coinvolgendo i territori nel lancio del progetto, contrariamente a quanto abbiamo fatto in Francia. Il percorso, realizzato in modo molto tecnocratico, ha incontrato il rifiuto totale degli eletti e degli abitanti della valle, dove un’autostrada era già in funzione. Non c’è stato un vero dibattito pubblico come lo conosciamo noi. Il Movimento 5 Stelle è rimasto all’opposizione, ma la sua collaborazione con il governo Conte non ha fermato il progresso del progetto. Un equilibrio politico è stato trovato e sembra che la classe politica italiana sia ora generalmente favorevole.

Se la Francia è sempre andata avanti, non si può dire che abbia mostrato una volontà feroce né un grande dinamismo per riuscire. In effetti, il progetto è sempre stato spinto dai presidenti della Repubblica che si sono succeduti per ragioni di avvicinamento strategico delle regioni europee e di politica franco-italiana.

Non sono nell’arena politica. Le nostre autorità pubbliche mi danno degli obiettivi che cerco di raggiungere. Il mio compito è quello di fornire ai due Stati gli elementi più precisi possibili affinché i politici possano prendere delle decisioni. Poi facciamo il lavoro che ci viene chiesto. Insieme al mio collega italiano, il direttore generale, siamo riusciti a mantenere la rotta, indipendentemente dagli alti e bassi politici.

Fondamentalmente questo progetto ha retto perché l’Europa crede in questa rete ferroviaria europea su larga scala e ad alta capacità e ritiene che questo progetto debba essere fatto per permettere al corridoio sud di funzionare. Questo desiderio ha inoltre permesso di scuotere certe resistenze culturali franco-francesi: i nostri concittadini sono tutti appassionati di trasporto passeggeri, ma molto poco di trasporto merci. Quando lavoravo alla Réseau Ferré de France e volevo dare una certa priorità ai treni merci per farli correre, mi è stato detto che ero solo un tecnocrate lontano dai problemi della gente. Il presidente Huchon mi ha spiegato in particolare che non era interessato ai miei treni merci che non potevano girare per Parigi, perché il suo problema principale era garantire il traffico della RER. Capisco la posizione di un presidente regionale, ma se i treni merci non possono né attraversare né aggirare Parigi, semplicemente non ci saranno treni merci in Francia. È quindi essenziale trovare dei compromessi.


République Française – Sénat

Commission de l’aménagement du territoire et du développement durable

Mercredi 10 février 2021

Audition de M. Hubert du Mesnil, président de la société Tunnel Euralpin Lyon-Turin (TELT), sur le projet Lyon-Turin

Vidéo - http://videos.senat.fr/video.2106315_60239e2703cc9.audition-de-m-hubert-du-mesnil-president-de-la-societe-tunnel-euralpin-lyon-turin-telt-sur-le-p?timecode=3291000

Audio – http://videos.senat.fr/senat/2021/02/encoder5_20210210095053.mp3


Jean-François LONGEOT, Hubert DU MESNIL, Intervention, Hubert DU MESNIL, Stéphane DEMILLY, Martine FILLEUL, Etienne BLANC, Hubert DU MESNIL, Jacques FERNIQUE, Philippe TABAROT, Hubert DU MESNIL, Joël BIGOT, Olivier JACQUIN, Didier MANDELLI, Hubert DU MESNIL, Intervention, Hubert DU MESNIL, Jean-François LONGEOT

Langue : Français

Instance(s) : Commission de l’aménagement du territoire et du développement durable

Le champ de compétences de la commission recouvre principalement l’aménagement et le développement du territoire, la transition écologique, le changement climatique, les questions d’environnement et de prévention des risques, la mobilité, les infrastructures et les transports.

Sénateur(s) : LONGEOT Jean-François

Compte rendu : lire le compte rendu (La transcription des déclarations de Hubert du Mesnil faite par le Sénat ne reproduit pas tout le discours mais l’a transformé et résumé)

Projet de liaison ferroviaire Lyon-Turin - Audition de M. Hubert du Mesnil, président de la société Tunnel euralpin Lyon-Turin

M. Jean-François Longeot, président. (Membre du groupe Union Centriste) - Nous accueillons aujourd’hui M. Hubert du Mesnil, président de Tunnel Euralpin Lyon Turin (TELT), qui est, depuis 2015, le promoteur public contrôlé par la France et l’Italie chargé de la réalisation des travaux définitifs de la section transfrontalière et qui en assurera l’exploitation.

Vous le savez, la liaison Lyon-Turin est l’un des mégaprojets européens d’infrastructures de transport. Cette liaison est composée d’un tunnel transfrontalier, de 57 kilomètres de long, et d’environ 150 kilomètres de lignes nouvelles.

Il s’agit d’un projet ancien, entériné en 1994. Depuis lors, quatre accords entre la France et l’Italie ont été signés sur ce sujet, la loi du 24 décembre 2019 d’orientation des mobilités (LOM) a précisé que « l’État confirme son engagement dans la réalisation de la liaison ferroviaire internationale fret et voyageurs Lyon-Turin » et une dizaine de kilomètres du tunnel de base ont été creusés. Pourriez-vous nous faire un point d’avancement sur le chantier ?

Le Lyon-Turin, qui a vocation à s’inscrire dans le corridor méditerranéen du réseau de transport transeuropéen de transport (RTE-T), vise trois objectifs.

Son ambition est d’abord d’assurer un report modal vers le rail, tant du fret que des voyageurs, et de réduire le temps de trajet entre Lyon et Turin. À cet égard, pourriez-vous revenir sur la ligne de la Maurienne, qui relie déjà la région Rhône-Alpes à la frontière italienne, et sur les raisons qui ont conduit à privilégier la réalisation d’une nouvelle ligne ?

Ce projet vise ensuite à sécuriser les transports dans les Alpes franco-italiennes, après les drames que nous avons connus dans les tunnels du Mont-Blanc en 1999, et de Fréjus en 2005.

Son objectif est enfin de réduire les émissions polluantes et les nuisances sonores sur ce trajet. Sur ce dernier point, pourriez-vous nous en dire plus sur l’estimation de l’impact environnemental du projet ?

Avant de vous laisser la parole, je souhaite vous interroger sur trois points.

D’abord, pourriez-vous nous éclairer sur le calendrier du projet ? L’objectif de mise en service en 2030 est-il maintenu ? La ministre italienne des transports a annoncé en décembre dernier que 2032 était une « hypothèse plus raisonnable ». Qu’en pensez-vous ? En outre, dans son rapport de juin dernier, la Cour des comptes européenne estimait que la liaison ne serait probablement pas prête d’ici là et elle estimait que le chantier connaissait un important retard, qu’elle chiffrait à quinze années.

Nous souhaitons ensuite bénéficier de votre éclairage sur le financement du projet. Le protocole additionnel de mars 2016 fixe le coût de la section transfrontalière à 8,3 milliards d’euros. Là aussi, la Cour des comptes européenne a pointé dans son rapport d’importants dérapages budgétaires, avec une augmentation des coûts de 85 %. Qu’en est-il, d’après vous ? Pouvez-vous rappeler les parts respectivement prises en charge par la France, l’Italie et l’Union européenne, tant pour le tunnel de base que pour les voies d’accès ? Sur ce dernier point en particulier, l’Union s’est dite prête à financer 55 % des voies d’accès ; comment cette nouvelle a-t-elle été accueillie côté français ?

Enfin, ma dernière question porte sur les critiques dont le projet a pu faire l’objet. Dans un référé datant de 2012, la Cour des comptes en formulait un certain nombre, à savoir la faible rentabilité socioéconomique du projet, la révision à la baisse des prévisions de trafic, les incertitudes en matière de financement et le pilotage insuffisant de l’opération. Comment avez-vous réagi face à ces observations ? Les difficultés soulevées voilà près de dix ans ont-elles été toutes réglées ?

M. Hubert du Mesnil, président de la société Tunnel euralpin Lyon-Turin. - Je suis engagé depuis longtemps sur ce projet, puisque j’ai participé, en 2001, à une étape importante, avec le ministre Jean-Claude Gayssot, quelque temps après l’accident du tunnel du Mont-Blanc. À cette occasion, la France et l’Europe ont pris conscience du problème majeur que représentait la circulation des poids lourds dans les traversées alpines.

Il y a eu une longue période d’études, de travaux de reconnaissance et d’explorations géologiques. Certains ont trouvé cette période trop longue ; pour ma part, je pense que nous avons a eu raison de prendre le temps d’étudier la constitution de cette montagne. Une partie des délais a été due aux difficultés italiennes et aux violentes oppositions s’étant manifestées dans la vallée de Suse, qui ont obligé à reprendre le projet. On s’interrogeait encore récemment sur l’attitude de nos amis italiens, mais nous sommes maintenant entrés dans une phase définitive, à savoir le creusement du tunnel principal lui-même. En effet, nous préparons les appels d’offres pour attribuer les marchés de réalisation du tunnel. Nous sommes donc dans une phase de réalisation massive, puisque ces appels d’offres pour la réalisation du tunnel représentent 4 milliards d’euros.

Par ailleurs, pourquoi une nouvelle ligne ? Cette ligne appartient au réseau européen. L’Union européenne veut réaliser, depuis longtemps, un réseau ferroviaire de grande capacité, à l’échelle européenne, pouvant traiter tant le fret que les voyageurs. Ce réseau est structuré autour de neuf corridors ; il s’agit en l’espèce du corridor sud, dit « Méditerranée », qui va du sud de l’Espagne à l’est de l’Europe. Il passe par Montpellier, remonte vers Lyon, traverse les Alpes puis continue vers l’Italie et vers l’est.

Il existe déjà une ligne allant de Lyon à Turin, via le tunnel de Fréjus, donc pourquoi en réaliser une deuxième ? Le tunnel de Fréjus date de 1871 ; cette ligne historique ne peut pas répondre aux objectifs actuels, ce sujet doit être clos de manière claire. Il y a deux raisons à cela.

D’une part, cette ligne n’est pas adaptée au fret, puisqu’elle ne permet pas un trafic de grande capacité et à grande vitesse. En effet, s’agissant d’une ligne de montagne, il faut couper le train en deux - il ne peut peser plus de 600 tonnes - et il faut prévoir deux, voire trois locomotives. C’est donc coûteux et inefficace.

D’autre part, il s’agit d’un tunnel monotube. Or la réglementation européenne exige deux tubes pour le transport de fret sur des trains de grande capacité, comme le tunnel sous la Manche. Du reste, le tunnel que nous construisons sous les Alpes est l’équivalent de ce tunnel : deux tubes indépendants à voie unique, permettant que les trains ne se croisent pas, avec des possibilités de passage d’un tunnel à l’autre en cas d’accident.

La ligne historique peut faire passer des trains, mais en très faible quantité. Le trafic annuel est aujourd’hui d’environ 3 millions de tonnes alors qu’il était de plus de 10 millions de tonnes il y a quelques années.

Sur l’impact environnemental, commençons par l’aspect négatif : chaque fois que l’on fait des travaux dans la montagne, on produit du dioxyde de carbone, donc le bilan commence par être négatif. Toutefois, il devient ensuite positif, puisque l’on supprime les camions pour les mettre sur les trains.

Aujourd’hui, 8 % du trafic passe par le rail, et 90 % par la route. En Suisse, plus de 60 % du trafic passe par le rail. Notre objectif est d’atteindre près de 50 %. On supprimera des camions, en faisant passer un million de camions sur les trains plutôt que sur la route.

Nous allons donc produire des nuisances environnementales au début, avec le chantier, puis nous redresserons la situation en supprimant des camions. On peut discuter du nombre d’années nécessaires pour que le bilan devienne positif ; je ne suis pas expert, je ne prends pas position. Je veux néanmoins limiter au maximum les nuisances environnementales liées au chantier puis faire en sorte, une fois le tunnel ouvert, de mettre le plus vite possible les camions sur les trains.

J’en viens au calendrier. L’objectif fixé par les financeurs - l’UE, à hauteur de 40 %, l’Italie et la France - est 2030. Il a été dit que l’on n’y arriverait pas. Je ne sais pas ; ce calendrier est tendu, mais nous essayons de le tenir. La crise sanitaire nous ralentit, sans nous bloquer. Nous gardons l’objectif de 2030, car il figure dans le contrat qui nous lie à l’Europe et aux deux États impliqués. Notre devoir est de faire tout notre possible pour le respecter.

Fin 2021, nous négocierons le nouveau contrat de financement avec l’UE ; nous rediscuterons donc du calendrier. Faudra-t-il garder 2030 ou décaler le programme de deux années ? Je laisse les responsables des trois entités prendre en considération nos difficultés ; elles ne sont pas énormes, mais elles sont réelles. Il y a toutefois un arbitrage entre le coût et le calendrier ; augmenter le nombre de tunneliers permet d’aller plus vite, mais coûte plus cher.

J’en viens au budget. Le coût, estimé à 8,3 milliards d’euros, est financé à 40 % par l’Europe, à 35 % par l’Italie et à 25 % par la France. Cette estimation est la même depuis que le projet a été lancé, elle n’a pas changé. En 2012, les États se sont mis d’accord sur le processus et la création du promoteur ; en 2015 : le projet a été lancé, avec cette estimation. Tiendrons-nous jusqu’au bout ? Je ne fais pas de pronostic, nous faisons tout pour maintenir le budget, mais il n’est pas vrai que le budget ait flambé.

J’appelle votre attention sur le fait que ce montant concerne le tunnel lui-même, dont nous sommes chargés. Au-delà, il y a les accès au tunnel, du côté italien et du côté français ; ce sont deux autres projets. L’objectif est d’aménager l’ensemble de l’itinéraire Lyon-Turin, mais cette estimation ne porte que sur le tunnel.

La société binationale franco-italienne TELT, totalement publique, contrôlée à 50-50 par les deux États, est chargée du tunnel. Toutefois, il faut une coordination sur l’ensemble de l’itinéraire, parce que, dans le tunnel, les trains de voyageurs circuleront à 220 kilomètres par heure et les trains de fret à 120 kilomètres par heure. Si le tunnel est terminé, mais que les accès ne sont pas aménagés, on ne pourra pas utiliser les capacités du tunnel.

Nous soutenons donc les projets d’aménagement des voies d’accès, qui font l’objet de discussions difficiles. Faut-il commencer par Lyon, par Chambéry ? Ce n’est pas de notre compétence, mais le projet des voies d’accès doit être bien conduit.

L’Union européenne est sur la même ligne, au point qu’elle a offert une contribution pour financer les voies d’accès. Nous espérons que cela accélérera l’aménagement de ces voies. C’est déjà réglé du côté italien ; du côté français, c’est plus compliqué, plus long, plus coûteux. La France souhaitait attendre la construction du tunnel pour aménager les accès, mais cela repousserait cet aménagement à une date trop lointaine. Cela n’a pas été accepté à l’échelon européen. Nous travaillons avec SNCF Réseau pour avoir plus rapidement un programme phasé d’aménagement. D’ailleurs, la Commission a fait savoir qu’elle souhaitait augmenter de 40 % à 50 % son financement, avec un bonus de 5 %, car notre société binationale est un bon élève. Cela porterait le financement européen à 55 %, ce qui est exceptionnel ; ce projet a donc une dimension européenne forte et il a cheminé grâce à la détermination forte de l’Union.

Je connais les critiques qui nous ont été adressées, notamment celles de la Cour des comptes. En l’occurrence, la notion de rentabilité a été évaluée par huit méthodes différentes ; selon que l’on s’appuie sur une année de crise ou sur une année de croissance, nous obtenons des résultats différents. Toutefois, si l’on raisonne sur le très long terme, si l’on accepte l’idée que cet ouvrage est fait pour durer cent ans, cela ne change plus grand-chose. Je ne prends pas position dans ce débat. Ces méthodes ont été discutées et les autorités nationales et européennes ont décidé qu’il fallait se lancer dans le projet ; nous le faisons le mieux possible.

La société du TELT est considérée comme un bon élève par Bruxelles. Cette société binationale est complètement publique. C’est une condition que j’avais mise pour participer au projet ; j’ai vécu de près la construction du tunnel sous la Manche et je voyais qu’il fallait une société publique. Cela dit, cette société binationale est une organisation originale et cela demande des efforts d’adaptation culturelle entre les équipes françaises et italiennes, mais, si l’on accepte les différences, cela donne des résultats très bons, car il y a un personnel de grande qualité des deux côtés.

Du reste, les entreprises qui interviennent dans les chantiers sont presque toujours multinationales. Les groupements attributaires comptent des Français, des Italiens et souvent des Suisses ; ils associent des équipes de nationalités différentes, souvent des frontaliers, et cela fonctionne bien.

Un autre sujet qui nous importe, en dehors de l’environnement, est l’intégrité ; nous avons un mécanisme strict de contrôle pour éviter toute intrusion de la mafia.

M. Rémy Pointereau. (Membre du groupe Les Républicains) – Monsieur le président, je suis heureux de votre nomination à la présidence du TELT ; en tant qu’ancien président de Réseau ferré de France, vous connaissez parfaitement notre réseau ferroviaire.

Notre commission a créé une mission d’information relative au transport de marchandises face aux impératifs environnementaux, dont ma collègue Nicole Bonnefoy et moi-même sommes rapporteurs. Nous avons entendu dans ce cadre des propos contradictoires sur l’avenir du fret ferroviaire ; certains y croient beaucoup et envisagent un doublement de la part du ferroviaire, passant de 9 % à 18 %, d’ici à 2030, quand d’autres estiment qu’il faut renoncer à cette chimère du report modal.

Le projet du Lyon-Turin est fort heureusement fondé sur la première hypothèse. Quelles sont les prévisions de trafic sur cette liaison ferroviaire et quels sont les leviers pour favoriser le report modal ? Je pense notamment aux aides à l’exploitation et à la qualité de service.

Par ailleurs, pouvons-nous espérer que le Lyon-Turin augmente suffisamment le trafic de la ligne à grande vitesse (LGV) Paris-Lyon pour que soit construite la ligne Paris-Orléans-Clermont-Ferrand-Lyon (POCL), qui aménagerait le territoire et doublerait cette LGV ?

M. Hubert du Mesnil. - Je commence par votre question sur les prévisions de trafic et la question du report modal. Quand le projet a été lancé, la SNCF avait l’intention de développer un réseau de TGV européen. Quand les États ont repris en main le projet et quand l’Union européenne l’a inscrit dans son projet de réseau, la composante du fret est devenue dominante, même si le tunnel doit être mixte.

Ainsi, si l’on pense que le fret ferroviaire n’a pas d’avenir ni d’intérêt, il faut mettre fin au projet, qui ne peut pas se défendre si l’on a seulement la perspective du transport de voyageurs. Il y a d’autres projets de transport de voyageurs qui sont plus urgents en France, dont celui que vous mentionnez.

Ce projet n’a donc d’intérêt que si l’on croit que le report modal est possible et nécessaire. Est-il nécessaire ? Tout le monde voit bien son intérêt environnemental. Est-il possible et à quelles conditions ? Nous partons avec un handicap important, car nous sommes parmi les pays européens dont le fret ferroviaire est au plus bas. Si l’on pense que l’on ne peut pas faire mieux et qu’il faut se contenter du trafic autoroutier, il faut renoncer au projet.

Néanmoins, je ne crois pas que ce soit impossible. J’ai été très impressionné, dans les années 2000, par ce qui s’est passé en Suisse. La situation alpine de ce pays rend le trafic difficile, mais les Suisses ont refusé le laisser-aller du transport routier et ont fait ce qu’il fallait pour assurer le report modal, c’est-à-dire investir dans des infrastructures performantes de fret, avec deux grands tunnels nord-sud à travers les Alpes, déjà terminés, et réguler le trafic routier, c’est-à-dire faire payer. Ils l’ont fait avec un soutien populaire fort. Ils ont donc les mêmes difficultés que nous, mais ils ont construit leurs tunnels et, maintenant, plus des deux tiers du trafic passent par le rail. Ce qui a été fait en Suisse relève de la même logique, du même objectif - la lutte contre la pollution, le développement ferroviaire - et des mêmes difficultés que nous. Pourquoi ce qui est possible en Suisse ne le serait-il pas en France ?

Toutefois, cela ne suffit pas. Si nous pensons être aussi capables qu’eux, pour que le fret ferroviaire soit important, il faut d’autres conditions, notamment la qualité de service et l’existence de sillons. Une fois que le train a traversé les Alpes, il doit passer par Lyon puis remonter vers le nord. Les sillons réservés au trafic de marchandises doivent être de qualité. Il faut donc, pour le fret, les mêmes exigences de fiabilité et de sécurité que pour les trains de voyageurs. On le sait, quand il y a des travaux ou des mouvements sociaux, les trains de fret ne passent pas, il n’y a pas d’engagement de qualité de service. Le report modal n’aura lieu que s’il y a une volonté en ce sens et cette volonté est largement partagée.

D’autre part, un effort national est nécessaire, avec des moyens financiers, des investissements sur le réseau et des priorités en faveur du trafic de marchandises pour que ce trafic réponde aux mêmes exigences de qualité ici qu’ailleurs. En Suisse et en Italie du Nord, on est étonné de la façon dont le transport de marchandises est traité. Nous avons, en France, des TGV ultraperformants, mais notre système pour les trains de marchandises a des années de retard.

Il faut donc travailler sur tous ces registres, mais l’idée que le report modal n’est plus opportun me choque profondément.

Sur la question de la ligne Paris-Lyon, je serai moins capable de vous répondre. L’attention de Bruxelles porte sur le corridor sud - Espagne, sud de la France jusqu’à Lyon, puis traversée des Alpes. Le Paris-Lyon n’y appartient pas. Cela dit, le raccourcissement considérable de la durée des trajets devait augmenter le trafic vers Turin, puisque l’on gagnera deux heures.

Il faut réfléchir au sujet Paris-Lyon en tenant compte des perspectives de croissance du trafic italien. Je ne sais pas où en est le projet de doublement sur lequel j’avais travaillé à l’époque. Les progrès techniques et l’amélioration des outils de signalisation devraient permettre de densifier encore les lignes actuelles. Je ne peux dire comment évoluera le trafic TGV dans ce monde où tout change si vite, mais l’axe Paris-Lyon restera la flèche de notre réseau national.

Très peu de passagers empruntent aujourd’hui le Paris-Turin, car le trajet est trop long. Nous allons gagner deux heures entre Lyon et Turin et je pense, même si d’autres sont plus compétents que moi pour évoquer ces questions, que la proximité entre ces deux dernières villes devrait conduire à un développement du trafic, y compris avec Paris.

M. Stéphane Demilly. – (Membre du groupe Union Centriste) – Comme vous l’avez souligné, le projet Lyon-Turin soulève de nombreuses critiques, notamment quant à sa rentabilité. Les prévisions d’évolution du trafic de passagers et de marchandises font l’objet de désaccords, tout comme le coût écologique de la ligne. Au-delà de ces critiques, qu’en est-il des toutes dernières estimations pour assurer la rentabilité économique et environnementale du projet ?

Ce dernier, tout comme le merveilleux canal Seine-Nord Europe, a été retenu par la Commission européenne au titre du mécanisme pour l’interconnexion en Europe (MIE). Il est donc financé à hauteur de 40 % par des fonds européens. Souhaitez-vous également bénéficier du plan de relance européen ?

Mme Martine Filleul. – (Membre du groupe Socialiste, Écologiste et Républicain) – En ce qui concerne le report modal, vous avez évoqué l’exemple suisse, mais vous êtes resté assez flou sur les perspectives. Disposez-vous aujourd’hui de chiffres stabilisés ?

Avec Michel Vaspart, nous nous sommes demandé, dans le cadre de la mission d’information relative à la gouvernance et à la performance des ports maritimes, si le tunnel, les aménagements qui pourraient se faire sur l’axe routier Lyon-Turin et le canal Seine-Nord Europe ne conduiraient pas à privilégier les flux vers les ports du Nord, au détriment des ports français, notamment celui de Marseille. M. Vaspart s’intéressait particulièrement à la présence chinoise dans les ports italiens et à la question des routes de la soie. Pouvez-vous nous faire part de vos sentiments ?

M. Étienne Blanc. – (Membre du groupe Les Républicains) –  Il s’agit d’un dossier essentiel pour l’économie et l’ouverture internationale de la région Auvergne-Rhône-Alpes, sachant que notre histoire est tournée vers l’Italie du Nord.

L’Europe accepte aujourd’hui de financer le tunnel de base à hauteur de 50 %. Or la priorité de Bruxelles est le transport du fret, non celui des voyageurs, pour des questions non seulement environnementales et économiques, mais aussi d’ouverture vers l’Europe de l’Est. Toutefois, pour que le fret soit effectivement au cœur de cet investissement, il faut améliorer les voies d’accès au tunnel de base, soit par la création d’une ligne directe entre Lyon et Saint-Martin-La-Porte, soit par l’amélioration de la ligne Dijon-Modane, sur les bords du lac du Bourget et traversant Chambéry. Les élus de la région ont donné leur priorité à une liaison directe entre Lyon et Saint-Martin-La-Porte. Quelle est la position de TELT ?

Nous avons, avec l’Italie, et même avec l’Europe, une discussion sur les délais. Bruxelles envisage de prendre un acte d’exécution pour s’assurer qu’ils seront bien tenus. Quelles décisions, quels actes juridiques, financiers et diplomatiques précis attendez-vous pour que ce délai de 2030 soit respecté et lever ainsi les craintes de la ministre italienne des transports, laquelle s’attend à un report au-delà de 2032 ?

M. Hubert du Mesnil. - Je ne me sens pas capable de décider quelle est la courbe du trafic qui justifie l’existence du tunnel. Après la crise financière de 2008 et la baisse de trafic qu’elle a induite, on a pensé que le projet ne se justifiait plus. Mais deux ou trois ans plus tard, le trafic était reparti à la hausse. Nous connaissons de nouveau une période difficile. Je suis totalement incapable de la moindre prévision. Il faut faire des études, certes, mais ce n’est pas à elles de dicter ce qui relève avant tout d’une décision politique.

Cet axe aura d’abord pour rôle de faciliter les liens entre les deux régions économiques Auvergne-Rhône-Alpes et Piémont, qui ont déjà beaucoup de raisons de multiplier leurs échanges - personnes et marchandises. Si l’on élargit notre vision, cet itinéraire permet de relier l’Espagne, le sud de la France, le nord de l’Italie et le nord de l’Europe. Il s’agit d’enjeux économiques déjà considérables.

Ce qui est certain, c’est que notre projet permet de faire passer un million de camions, soit une part significative des poids lourds qui traversent aujourd’hui les Alpes par les trois axes Mont-Blanc, Fréjus et Vintimille. Cela ne sera possible que si ces camions trouvent, de part et d’autre, des itinéraires et des réseaux suffisamment prioritaires pour passer.

Ce projet s’inscrit bien dans le Green Deal européen et les choix stratégiques pour accélérer les politiques de lutte contre le changement climatique et la transition écologique. C’est aussi la raison pour laquelle la Commission insiste pour lever tous les doutes sur la réalisation de notre projet, dans les délais.

Nous bénéficions du plan de relance français à hauteur de 200 millions d’euros et nous nous inscrivons également dans la politique européenne de relance économique.

Madame Filleul, je ne pense pas que ce projet soit défavorable aux ports français. Je ne vois pas pourquoi le port de Marseille, qui dispose de capacités absolument remarquables, serait pénalisé par rapport aux ports italiens. Certes, avant la crise, les Italiens ont fait les yeux doux à la Chine. À l’époque, on attendait de la Chine financements et soutien aux grands trafics internationaux. J’ai toujours été très réservé sur ces questions : ma mission n’était pas d’accueillir plus facilement le trafic chinois. Nous avons déjà beaucoup à faire dans nos territoires.

Il est possible d’améliorer les voies d’accès, notamment l’axe Dijon-Modane. J’ai beaucoup de sympathie pour cet itinéraire magnifique, le long du lac du Bourget, mais ce n’est plus le corridor Méditerranée. Notre sujet est d’aller à Lyon, puis de descendre vers l’Espagne. Je ne me prononce pas sur l’intérêt d’améliorer la desserte de Dijon, je dis simplement que cela ne résout pas le gros problème lyonnais - traversée de la ville, gare de la Part-Dieu… Nous n’échapperons pas à un important effort d’investissement pour traiter le noeud lyonnais.

Dans le langage bruxellois, l’acte d’exécution permet à l’Europe d’intervenir dans un rôle de coordinateur des travaux. La France a tendance à dire que chacun doit rester chez soi dès qu’il est question des accès français, mais nos amis italiens souhaitent évoquer ces questions, car l’itinéraire est unique. Le rôle de Bruxelles est donc important.

Au total, la France ne finance que 25 % du coût du tunnel. À côté de la question de la rentabilité économique, on peut se demander si la France n’a pas intérêt, en ne payant que 25 % de cet ouvrage, à développer un équipement de transport ferroviaire fret de grande dimension.

Toujours est-il qu’il s’agit d’une volonté européenne durable, qui remonte à plus de trente ans. Les majorités et les gouvernements se sont succédé, mais l’Europe est toujours restée sur la même ligne.

M. Jacques Fernique. – (Membre du groupe Écologiste – Solidarité et Territoires) – Les Suisses ont montré de façon éclairante la nécessité de mener une politique globale. Ils ne se sont pas contentés de lancer la construction de leur ensemble de tunnels de base. Ils ont fixé, en 1992, le nombre maximal de poids lourds autorisés pour les traversées transalpines et se sont donné les moyens de faire bouger le curseur modal avant la mise en service des tunnels en amenant le ferroviaire à 60 %. Pour ce faire, ils ont non seulement mis en place la redevance poids lourd liée à la prestation, l’éco-redevance, mais aussi utilisé à plein régime la ligne ferroviaire historique.

En France, j’ai le sentiment que nous commettons une erreur de priorisation. Une fois le tunnel de base achevé, ne risque-t-on pas de se retrouver avec une cathédrale dans le désert, faute d’avoir suffisamment fait bouger le curseur modal ?

M. Philippe Tabarot. – (Membre du groupe Les Républicains) – Avec le tunnel de Tende, plus petit, ma région connaît également les questions environnementales, de coût, de probité et de dialogue qui se posent entre Français et Italiens. Votre projet accuse d’ailleurs un retard de quinze ans, tout comme le nôtre.

J’aimerais revenir sur les changements politiques que vous subissez, notamment du côté italien - il me semble que la ministre des transports n’est plus en poste et qu’il n’y a toujours pas de gouvernement… En France, ce projet avait été porté à l’origine par les écologistes, ce qui est plutôt logique au regard de l’effort engagé sur le fret ferroviaire. Or j’ai du mal à comprendre l’opposition du nouveau maire de Lyon. Comme certains de mes collègues, je me demande si un projet né dans les années 1990 est toujours d’actualité aujourd’hui, notamment au regard des évolutions énormes que nous avons connues, ces dernières années, en termes de mobilité.

Nous avons obtenu, avec le président Muselier, la prolongation de ce fameux corridor européen sud entre Gênes et Marseille. Or, à chaque fois que je me suis rendu à Bruxelles pour discuter de ces questions, j’ai eu l’impression que l’Europe souhaitait davantage ce projet que la France et l’Italie. J’ai même pu croire que l’Europe leur forçait la main en expliquant qu’il n’y avait pas de retour en arrière possible. Pouvez-vous nous rassurer sur ces différentes interrogations ?

M. Hubert du Mesnil. - Certaines évolutions politiques conduisent à des changements, à des questionnements, voire à des critiques. Je suis très troublé par la position des partis ou des mouvements écologiques. D’abord favorables au projet, en ce qu’il donnait priorité au report modal et au respect de la convention alpine, ils s’y opposent aujourd’hui. Report modal et protection de l’environnement sont pourtant les principales raisons d’être du tunnel. Et ces raisons sont aujourd’hui combattues par ceux-là mêmes qui les défendent, estimant que la voie actuelle suffit.

Nous n’arrivons pas à aborder ces questions de manière objective. La question de savoir combien de trains peuvent passer sur la ligne est rationnelle et appelle une réponse rationnelle, hors idéologie ou sensibilité. Il s’agit d’une analyse objective qui peut être vérifiée, expertisée. Or nous n’y arrivons pas et nous restons sur un malentendu fondamental. Nous en sommes là. Je ne sais pas si nous parviendrons à concilier nos positions, alors même que nous devrions partager la même ligne de préoccupations environnementales.

La politique italienne est assez subtile. En Italie du Nord, la volonté est très largement partagée dans les milieux économiques et politiques. Seul le Mouvement 5 étoiles s’y oppose, relayant ainsi les contestations très fortes de la vallée. Je pense que nos amis italiens ont commis une erreur en n’associant pas les territoires au lancement du projet, contrairement à ce que nous avons fait en France. Le tracé, réalisé de manière très technocratique, s’est heurté à un rejet total des élus et des habitants de la vallée, où circulait déjà une autoroute. Il n’y a pas eu de vrai débat public comme nous en connaissons. Le Mouvement 5 étoiles est resté dans cette opposition, mais sa collaboration au gouvernement Conte n’a pas freiné l’avancée du projet. Un point d’équilibre politique a été trouvé et il semble que la classe politique italienne y soit aujourd’hui globalement favorable.

Si la France a toujours avancé, on ne peut pas dire non plus qu’elle ait fait preuve d’une volonté farouche ni d’un très grand dynamisme pour aboutir. De fait, le projet a toujours été poussé par les présidents de la République successifs pour des raisons de rapprochement stratégique des régions européennes et de politique franco-italienne.

Je ne me place pas sur le terrain politique. Nos autorités publiques me fixent des objectifs que je m’efforce de remplir. Mon travail consiste à fournir aux deux États les éléments les plus précis possible pour que les politiques prennent les décisions. Ensuite, nous faisons le travail qui nous est demandé. Nous avons réussi à tenir ce cap, avec mon collègue italien directeur général, quelles que soient les péripéties politiques.

Fondamentalement, vous avez raison de dire que ce projet a tenu parce que l’Europe croit à ce réseau ferroviaire européen à grande dimension et à grande capacité. Elle croit que ce projet doit se faire pour permettre au corridor sud de fonctionner. Cette volonté a d’ailleurs permis de bousculer certaines résistances culturelles franco-françaises : nos concitoyens sont tous passionnés par le transport de voyageurs, mais bien peu par celui des marchandises. Lorsque je travaillais à Réseau ferré de France et que je voulais accorder une certaine priorité aux trains de marchandises pour leur permettre de rouler, on m’expliquait que je n’étais qu’un technocrate éloigné des problèmes des gens. Le président Huchon m’expliquait notamment que mes trains de marchandises qui ne pouvaient pas contourner Paris ne l’intéressaient pas, parce que son problème principal était d’assurer le trafic des RER. Je comprends bien la position d’un président de région, mais si les trains de marchandises ne peuvent ni traverser ni contourner Paris, il n’y aura tout simplement pas de trains de marchandises en France. Il est donc essentiel de trouver des compromis.

M. Joël Bigot. – (Membre du groupe Socialiste, Écologiste et Républicain) – Vous nous avez indiqué que l’Europe soutenait ce projet, ce qui constitue la condition de sa réussite, et prévoyait même d’augmenter son financement. Vous avez également souligné que neuf sillons étaient concernés en Europe, ce qui procédait d’une volonté politique de développer le fret ferroviaire.

Il semblerait, comme l’a souligné M. Fernique, que nos infrastructures ne permettent pas aujourd’hui de desservir l’accès à ce tunnel. Quand pensez-vous que la fluidité du trafic pourra être assurée côté français sur cette infrastructure très importante pour l’aménagement même du territoire européen ?

M. Olivier Jacquin. – (Membre du groupe Socialiste, Écologiste et Républicain) – Dans ce projet véritablement politique, la rationalité économique stricte peut être questionnée. Or vous ne m’avez pas rassuré sur un des points de fragilité énorme du projet, à savoir l’accès français au tunnel. Vous avez dit, de manière quelque peu ombrée, que votre objectif était de faire entrer un million de camions dans le tunnel. Or la réalisation de cet objectif environnemental que nous devons soutenir, a fortiori maintenant que le tunnel est quasiment achevé, nécessitera l’existence de réseaux de qualité en amont et en aval. Et c’est là qu’est la fragilité.

Je ne peux qu’inviter notre commission à recevoir une délégation suisse pour nous exposer le système mis en place. Comme l’a rappelé Jacques Fernique, les Suisses ont de la visibilité et des ressources affectées. Le directeur général adjoint du ministère suisse m’avait fait une remarque amusée, expliquant que des ressources affectées et une programmation sur quinze ans permettaient d’éviter beaucoup de bêtises, notamment de nombreux allers et retours inutiles.

On a évoqué l’ampleur des rénovations, qui pourraient s’étendre jusqu’à Dijon. Les camions auront-ils alors l’obligation d’emprunter des réseaux combinés dans des conditions acceptables ? Certains questionnent globalement le fret ferroviaire, mais il a ses champs de pertinence, notamment pour les longues distances. Demain, un camion venant d’Amsterdam pour aller en Italie sera-t-il obligé d’emprunter une autoroute ferroviaire qui passera par le Lyon-Turin ?

M. Didier Mandelli. – (Membre du groupe Les Républicains) – J’ai eu la chance, lorsque j’étais rapporteur de la loi d’orientation des mobilités, de découvrir ce chantier. Je rappelle que c’est l’un des plus grands chantiers du siècle par sa durée, par les volumes et par le nombre d’entreprises et de personnels engagés. N’oublions pas qu’il s’agit d’une prouesse technologique assez exceptionnelle, qui traduit le niveau technique de nos entreprises, de nos ingénieurs et de nos techniciens. Je crois que nous pouvons en être fiers. On a parfois tendance à oublier l’ampleur de cette belle réalisation et le niveau d’engagement des personnels concernés. Je souhaiterais que la commission puisse visiter ce chantier.

M. Hubert du Mesnil. - Je suis très sensible à votre témoignage. Je vous confirme que je serais très heureux de recevoir une délégation de votre commission.

Nous constatons que les personnes qui viennent voir le chantier n’ont pas la même appréciation du projet, d’abord parce qu’ils voient que cela commence à ressembler à un tunnel, que l’ouvrage est assez beau esthétiquement et que des entreprises françaises, italiennes et suisses réalisent des prouesses techniques absolument remarquables. Il s’agit vraiment d’un projet d’échelle mondiale. Les entreprises et les personnels font un travail qui n’est pas toujours facile. En outre, malgré la crise sanitaire, le chantier n’a pratiquement pas été arrêté : des dispositions extrêmement rigoureuses ont été prises, qui ont permis au chantier de se dérouler sans accident. Il faut saluer l’intelligence des entreprises ainsi que le travail de recherche et d’innovation.

Pour ce qui concerne le calendrier des accès, le projet est prêt du côté italien. Son financement va être assuré par le plan de relance italien, très largement soutenu par l’Europe. Il est prévu que, dans un premier temps, la ligne existante soit aménagée jusqu’à Turin, qui est proche de Suse. Ce ne sera donc pas difficile à réaliser.

Côté français, les choses ont été relancées il y a un peu plus de deux ans. SNCF Réseau réalise actuellement un travail pour reprendre le projet que nous avions préparé à Réseau ferré de France. Ce projet d’accès était abondant, puisqu’il prévoyait deux lignes nouvelles de Lyon jusqu’à Saint-Jean-de-Maurienne, l’une pour le fret et l’autre pour les voyageurs. Ce projet a fait l’objet d’une déclaration d’utilité publique (DUP). Il a été attaqué devant le Conseil d’État, qui l’a approuvé. Comme il est trop coûteux, le ministère a décidé de créer une commission de travail, présidée par le préfet, qui consiste à reprendre le projet qui a fait l’objet de la DUP et à le simplifier pour que la continuité du trafic soit assurée au moment de l’ouverture du tunnel, donc à l’horizon de 2030, et que l’on procède par étapes, une première étape permettant d’assurer un écoulement normal du trafic en 2030 dans le corridor qui va vers Lyon.

Deux scénarios, correspondant à deux itinéraires possibles, ont été approfondis. Le choix entre ces deux scénarios sera effectué l’année prochaine dans le cadre de la DUP. L’obstacle très important de la DUP ayant été franchi, le calendrier peut être compatible avec l’horizon de 2030-2032. Le choix entre les deux scénarios n’est pas facile. L’un accorde une priorité nette au fret et n’améliore pas beaucoup la situation pour les voyageurs dans un premier temps. Il y a un arbitrage à faire. Quoi qu’il en soit, la situation s’est plutôt bien rétablie. Quand le scénario sera choisi, nous pourrons aller de l’avant.

Il est vrai qu’il vaudrait mieux, pour un projet aussi long, que les financements soient assurés. Tel n’est pas vraiment le cas. L’Italie est le seul pays à assurer un financement pluriannuel du projet, le gouvernement Monti ayant fait voter un budget pluriannuel correspondant à 80 % de la part de l’Italie et à 35 % du coût total.

En France, nous sommes dépendants d’un vote annuel. Le financement de l’Agence de financement des infrastructures de transport de France (Afitf) doit être renouvelé chaque année, même si nous avons l’engagement politique de l’État, qui nous autorise à signer les marchés.

Un travail a été réalisé voilà trois ou quatre ans pour proposer des financements d’une autre nature, notamment l’appel à l’eurovignette et un montage financier reposant sur un emprunt, qui n’a pas été accepté. La discussion n’est pas définitivement close, le respect des critères d’endettement étant en train d’être reconsidéré. Il est sans doute un peu dommage de ne pas recourir à l’emprunt pour financer un projet qui va durer plus de cinquante ans… En tout état de cause, le sujet reste ouvert.

Pour l’instant, l’Afitf nous accorde les crédits chaque année. Jusqu’à ces derniers temps, ces crédits étaient relativement modestes, mais les sommes seront nettement plus importantes en 2021, 2022 et 2023. L’Afitf devra gérer cette difficulté. Nous n’avons pas d’inquiétude particulière, mais on ne peut pas dire qu’il y ait un financement structuré, pluriannuel et assuré. On fonctionne un peu au coup par coup.

La situation n’est pas bien meilleure sur le plan européen : le financement était assuré jusqu’en 2021 et a été prolongé en 2022. La discussion va s’engager pour les prochaines années, mais il est désormais question de ramener à trois ans le contrat que nous pensions avoir pour sept ans. Autrement dit, nous n’aurons pas non plus de la part de Bruxelles un montant assuré avec les clés de financement que j’ai mentionnées. Je n’ai pas de doute sur la volonté d’aller jusqu’au bout, mais il faut périodiquement remettre le sujet sur la table et, chaque fois, discuter les conditions et les modalités. C’est probablement une faiblesse.

Concernant la régulation, je rappelle que MM. Destot et Bouvard avaient travaillé ensemble sur une proposition de montage, avec un emprunt qui était gagé en particulier par des recettes venant des axes autoroutiers, comme l’a fait la Suisse. Le sujet est sensible. Les deux parlementaires avaient démontré qu’il était possible d’opérer un prélèvement de coût assez modéré sur un très grand nombre de camions sur un territoire très large, comprenant Vintimille. Bruxelles avait plutôt vu cela d’un bon oeil. Je pense que le sujet n’est pas définitivement abandonné, mais, pour l’instant, il ne fait pas l’objet de propositions élaborées. Il faut vraiment jouer sur les deux pistes.

Faut-il interdire le trafic de camions ? Il faut en tout cas le réguler. On peut déjà contraindre le trafic en interdisant toute une catégorie de camions - ceux qui transportent des marchandises dangereuses, ceux qui ne respectent pas les normes environnementales… - et grâce à la tarification.

La volonté de l’Europe est de supprimer la possibilité qu’un camion traverse l’Europe entière, depuis la Lituanie jusqu’au Portugal. Une partie du trafic intra-européen devrait passer sur le train.

M. Hervé Gillé. – (Membre du groupe Socialiste, Écologiste et Républicain) – On a du mal aujourd’hui à visualiser la stratégie logistique qui devrait se mettre en place pour essayer d’optimiser les flux vers cet ouvrage. On a le sentiment que c’est la logique du marché qui va s’appliquer et qu’il n’y a pas d’anticipation. Pourriez-vous nous donner des éléments d’appréciation à ce sujet ?

On peut penser que, demain, certaines liaisons aériennes pourraient être supprimées pour transférer le trafic sur la liaison ferroviaire. Le débat est-il d’ores et déjà ouvert pour anticiper au mieux ce transfert ?

Il est toujours difficile d’objectiver ce que l’on appelle « l’impact environnemental » de ce type de projets. Une évaluation environnementale de qualité du tunnel, projet emblématique aux niveaux européen comme mondial, permettrait d’apporter des clés de méthode et d’enrichir le débat politique. Qu’en pensez-vous ?

M. Hubert du Mesnil. - Je répondrai à vos questions avec beaucoup de modestie…

Les flux de marchandises évoluent, parce que le marché évolue. La crise obligera sans doute elle aussi à évoluer. L’emballement de l’économie a entraîné une mobilité très forte et une logistique débridée, avec une fuite en avant de tous les moyens pour obtenir les coûts les moins chers possible. On a vu à quoi cela pouvait nous mener sur le plan environnemental. J’espère que, la crise aidant, la logistique internationale sera mieux régulée et que l’emballement va pouvoir se calmer.

Il faut combiner la liberté du marché de la logistique avec une offre d’infrastructures de qualité et une régulation économique : il n’est pas normal que des déplacements ne coûtent rien. Je pense aux bateaux transportant des conteneurs de Chine à des prix défiant toute concurrence. Il faut donner aux choses leur véritable valeur. Un transport qui produit de la pollution, comme peut le faire un camion, doit la payer d’une manière ou d’une autre.

La crise vient de nous montrer que le laisser-faire ne conduisait pas forcément à l’optimisation. Les autorités compétentes, aux niveaux national, européen comme international, doivent prendre le sujet en main. Il y a certainement encore beaucoup de choses à faire si l’on veut redresser la situation et ne pas s’enfoncer dans la crise.

Nous avons bien avancé sur le sujet de l’impact environnemental : les normes sont de plus en plus nombreuses, une surveillance administrative est mise en place… Nous avons ainsi 141 points de contrôle, où l’on mesure en permanence, en collaboration avec des organismes publics et sous le contrôle des ministères, la qualité de l’eau et de l’air, l’intensité du bruit, le nombre de poussières, etc. Au-delà des beaux discours, la question de l’environnement passe par des aspects techniques très concrets et des considérations scientifiques.

L’impact environnemental passe d’abord par une maîtrise du chantier. Nous avons déjà fait beaucoup de progrès, mais on peut encore en faire beaucoup. Je n’en donnerai qu’un exemple : celui des matériaux qui sortent du tunnel. Notre objectif est que plus de la moitié de ces matériaux soient réutilisés, pour faire du béton, des remblais, du réaménagement paysager, pour boucher les carrières… Or, aujourd’hui, il n’est pas possible de faire passer les matériaux de part et d’autre de la frontière italienne, parce que les réglementations française et italienne ne sont pas compatibles. L’Europe ne peut-elle pas oeuvrer à une vision circulaire globale intégrée et à une harmonisation des règles pour que l’on puisse optimiser la gestion de nos matériaux comme on optimisera les transports de marchandises ?

Sur ce sujet, la raison peut l’emporter, surtout si l’intérêt pour tous de progresser sur l’environnement est bien perçu. Je suis en train de mobiliser les ministères compétents pour essayer de trouver une solution à ce problème - j’aurais ainsi contribué à l’Europe à ma modeste manière… J’espère que nous y parviendrons.

M. Jean-François Longeot, président. - Merci, monsieur le président, pour la clarté de vos propos et pour cet échange particulièrement intéressant.

M. Hubert du Mesnil. - Je renouvelle l’invitation pour ceux d’entre vous qui le veulent dès que les circonstances le permettront.


TRADUZIONE IN ITALIANO

La traduzione è basata sul testo fornito dal Senato la cui trascrizione non riproduce tutto il parlato ma lo ha trasformato e sintetizzato

Progetto di collegamento ferroviario Lione-Torino – Audizione di Hubert du Mesnil, presidente della società Lyon-Turin Euralpin Tunnel – 10 febbraio 2021  

M. Jean-François Longeot, Presidente. – Oggi diamo il benvenuto a Hubert du Mesnil, presidente del Tunnel Euralpin Lyon Turin (TELT), che è, dal 2015, il promotore pubblico controllato da Francia e Italia responsabile della realizzazione dei lavori finali della sezione transfrontaliera e che la gestirà.

Come sapete, il collegamento Lione-Torino è uno dei megaprogetti di infrastrutture di trasporto in Europa. Questo collegamento è composto da un tunnel transfrontaliero di 57 chilometri e da circa 150 chilometri di nuove linee.

Si tratta di un vecchio progetto, approvato nel 1994. Da allora, quattro accordi tra la Francia e l’Italia sono stati firmati su questo argomento, la legge del 24 dicembre 2019 sugli orientamenti della mobilità (LOM) ha precisato che “lo Stato conferma il suo impegno nella costruzione del collegamento ferroviario internazionale merci e passeggeri Lione-Torino” e sono stati scavati circa dieci chilometri del tunnel di base. Potrebbe darci un rapporto sui progressi del progetto?

La Lione-Torino, che è destinata a far parte del corridoio mediterraneo della rete di trasporto transeuropea (TEN-T), ha tre obiettivi.

In primo luogo, la sua ambizione è di assicurare un trasferimento modale verso la ferrovia, sia per le merci che per i passeggeri, e di ridurre i tempi di viaggio tra Lione e Torino. A questo proposito, potrebbe commentare la linea della Maurienne, che già collega la regione Rodano-Alpi alla frontiera italiana, e sulle ragioni che hanno portato alla decisione di favorire la costruzione di una nuova linea?

Questo progetto mira poi a rendere più sicuro il trasporto nelle Alpi franco-italiane, dopo le tragedie che abbiamo vissuto nei tunnel del Monte Bianco nel 1999 e del Fréjus nel 2005.

Infine, il suo obiettivo è quello di ridurre le emissioni inquinanti e l’inquinamento acustico su questo percorso. Su quest’ultimo punto, potrebbe dirci di più sull’impatto ambientale stimato del progetto?

Prima di darle la parola, vorrei chiederle tre punti.

In primo luogo, potrebbe parlarci del calendario del progetto? L’obiettivo della messa in servizio nel 2030 viene mantenuto? Il ministro italiano dei trasporti ha annunciato lo scorso dicembre che il 2032 era una “ipotesi più ragionevole”. Cosa ne pensate di questo? Inoltre, nel suo rapporto dello scorso giugno, la Corte dei conti europea ha detto che il collegamento probabilmente non sarebbe stato pronto per allora e che il cantiere era in grave ritardo, che ha stimato in 15 anni.

Vorremmo poi sentire le vostre opinioni sul finanziamento del progetto. Il protocollo aggiuntivo del marzo 2016 fissa il costo della sezione transfrontaliera a 8,3 miliardi di euro. Anche qui, la Corte dei conti europea ha sottolineato nella sua relazione che ci sono stati grandi slittamenti di bilancio, con un aumento dei costi dell’85%. Qual è la situazione secondo voi? Può ricordarci le quote rispettive assunte da Francia, Italia e Unione Europea, sia per il tunnel di base che per le strade di accesso? Su quest’ultimo punto in particolare, l’Unione si è detta disposta a finanziare il 55% delle vie d’accesso. Come è stata accolta questa notizia da parte francese?

Infine, la mia ultima domanda riguarda le critiche che sono state mosse al progetto. In una dichiarazione che risale al 2012, la Corte dei conti ne ha fatte un certo numero, vale a dire la bassa redditività socio-economica del progetto, la revisione al ribasso delle previsioni di traffico, le incertezze in termini di finanziamento e la gestione inadeguata dell’operazione. Come ha reagito a queste osservazioni? Sono state risolte tutte le difficoltà sollevate quasi dieci anni fa?

M. Hubert du Mesnil, presidente della Società del tunnel Lione-Torino Euralpin. – Sono coinvolto in questo progetto da molto tempo, da quando ho partecipato a una tappa importante con il ministro Jean-Claude Gayssot nel 2001, qualche tempo dopo l’incidente del tunnel del Monte Bianco. In quell’occasione, la Francia e l’Europa hanno preso coscienza del grande problema posto dal traffico pesante nei valichi alpini.

Ci fu un lungo periodo di studi, lavori di ricognizione e di esplorazione geologica. Alcuni hanno trovato questo periodo troppo lungo; penso che abbiamo fatto bene a prenderci il tempo per studiare la conformazione di questa montagna. Parte del ritardo è imputabile alle difficoltà italiane e alla violenta opposizione in Valle di Susa, che ci ha costretto a modificare il progetto. L’atteggiamento dei nostri amici italiani è stato ancora messo in discussione fino a poco tempo fa, ma ora siamo entrati in una fase definitiva, cioè lo scavo del tunnel principale. Stiamo infatti preparando le gare d’appalto per assegnare i contratti per la costruzione del tunnel. Siamo quindi in una fase di costruzione massiccia, poiché questi bandi di gara per la costruzione del tunnel rappresentano 4 miliardi di euro.

Inoltre, perché una nuova linea? Questa linea appartiene alla rete europea. L’Unione europea ha voluto a lungo creare una rete ferroviaria ad alta capacità su scala europea che possa gestire sia le merci che i passeggeri. Questa rete è strutturata intorno a nove corridoi, in questo caso il corridoio sud, conosciuto come il corridoio “Mediterraneo”, che va dal sud della Spagna all’Europa orientale. Passa per Montpellier, sale a Lione, attraversa le Alpi e poi continua verso l’Italia e verso est.

C’è già una linea da Lione a Torino, attraverso il tunnel del Fréjus, quindi perché costruirne una seconda? Il tunnel del Fréjus risale al 1871: questa linea storica non può soddisfare gli obiettivi di oggi, questo argomento deve essere chiaramente chiuso. Ci sono due ragioni per questo.

Da un lato, questa linea non è adatta al trasporto merci, poiché non permette un traffico ad alta capacità e ad alta velocità. Infatti, trattandosi di una linea di montagna, il treno deve essere diviso in due – non può pesare più di 600 tonnellate – e sono necessarie due o anche tre locomotive. È quindi costoso e inefficiente.

D’altra parte, è un tunnel a canna singola. I regolamenti europei richiedono due tubi per il trasporto merci sui treni ad alta capacità, come il tunnel della Manica. Inoltre, il tunnel che stiamo costruendo sotto le Alpi è l’equivalente di questo tunnel: due tubi indipendenti a binario unico, che permettono ai treni di non incrociarsi, con la possibilità di passare da un tunnel all’altro in caso di incidente.

La linea storica permette il passaggio di treni, ma in quantità molto piccole. Il traffico annuale è ora di circa 3 milioni di tonnellate, rispetto agli oltre 10 milioni di tonnellate di qualche anno fa.

Per quanto riguarda l’impatto ambientale, partiamo dall’aspetto negativo: ogni volta che lavoriamo in montagna, produciamo anidride carbonica, quindi il bilancio inizia ad essere negativo. Tuttavia, poi diventa positivo, poiché eliminiamo i camion e li mettiamo sui treni.

Oggi, l’8% del traffico passa per la ferrovia e il 90% per la strada. In Svizzera, più del 60% del traffico è trasportato su rotaia. Il nostro obiettivo è di raggiungere quasi il 50%. Elimineremo i camion, mettendo un milione di camion sui treni invece che sulla strada.

All’inizio, con il cantiere, provocheremo quindi un inquinamento ambientale e poi correggeremo la situazione eliminando i camion. Possiamo discutere sul numero di anni che ci vorranno perché il bilancio diventi positivo; non sono un esperto, non sto prendendo posizione. Ma voglio mantenere al minimo i danni ambientali causati dal cantiere e poi, una volta aperto il tunnel, voglio fare in modo che i camion siano messi sui treni il più velocemente possibile.

Ora vengo al calendario. L’obiettivo fissato dai finanziatori – UE, 40%, Italia e Francia – è il 2030. È stato detto che non ci arriveremo. Non lo so; è una tabella di marcia stretta, ma stiamo cercando di rispettarla. La crisi sanitaria ci rallenta, ma non ci ferma. Manteniamo l’obiettivo del 2030, perché è nel contratto che ci lega all’Europa e ai due Stati coinvolti. Il nostro dovere è quello di fare tutto il possibile per soddisfarlo.

Alla fine del 2021, negozieremo il nuovo contratto di finanziamento con l’UE, quindi discuteremo di nuovo il calendario. Dobbiamo mantenere il 2030 o posticipare il programma di due anni? Lascio che i dirigenti delle tre entità considerino le nostre difficoltà; non sono enormi, ma sono reali. C’è, tuttavia, un compromesso tra il costo e la tabella di marcia; l’aumento del numero delle TBM permette di andare più veloce, ma è più costoso.

Vengo ora al budget. Il costo, stimato in 8,3 miliardi di euro, è finanziato al 40% dall’Europa, al 35% dall’Italia e al 25% dalla Francia. Questa stima è la stessa da quando il progetto è stato lanciato, non è cambiata. Nel 2012, gli Stati hanno concordato il processo e la creazione del promotore; nel 2015: il progetto è stato lanciato, con questo preventivo. Riusciremo ad arrivare alla fine? Non sto facendo una prognosi, stiamo facendo tutto il possibile per mantenere il bilancio, ma non è vero che il bilancio è aumentato.

Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che questo importo si riferisce al tunnel stesso, di cui siamo responsabili. Oltre a questo, ci sono gli accessi al tunnel, sul lato italiano e sul lato francese; questi sono altri due progetti. L’obiettivo è di sviluppare l’intero percorso Lione-Torino, ma questa stima si riferisce solo al tunnel.

La società binazionale franco-italiana TELT, totalmente pubblica, controllata al 50% dai due Stati, è incaricata del tunnel. Tuttavia, il coordinamento è necessario lungo tutto il percorso, perché nel tunnel i treni passeggeri viaggeranno a 220 chilometri all’ora e i treni merci a 120 chilometri all’ora. Se il tunnel è completato, ma gli accessi non sono costruiti, la capacità del tunnel non sarà utilizzata.

Appoggiamo quindi i piani di sviluppo delle vie d’accesso, che sono oggetto di difficili discussioni. Dovremmo iniziare con Lione, con Chambéry? Questo non è di nostra competenza, ma il progetto delle vie di accesso deve essere realizzato correttamente.

L’Unione Europea è sulla stessa linea, tanto che ha offerto un contributo per finanziare le vie d’accesso. Speriamo che questo acceleri lo sviluppo di queste vie. Questo è già stato fatto sul lato italiano; sul lato francese è più complicato, più lungo e più costoso. La Francia voleva aspettare la costruzione del tunnel prima di costruire le vie di accesso, ma questo avrebbe rimandato la costruzione delle vie di accesso troppo in là nel tempo. Questo non è stato accettato a livello europeo. Stiamo lavorando con SNCF Réseau per avere un programma di sviluppo graduale più rapido. Inoltre, la Commissione ha fatto sapere che vuole aumentare il suo finanziamento dal 40% al 50%, con un bonus del 5%, perché la nostra società binazionale è un buon allievo. Questo porterebbe il finanziamento europeo al 55%, il che è eccezionale; questo progetto ha quindi una forte dimensione europea ed è andato avanti grazie alla forte determinazione dell’Unione.

Sono consapevole delle critiche che ci sono state rivolte, in particolare dalla Corte dei Conti. In questo caso, il concetto di redditività è stato valutato con otto metodi diversi; a seconda che si tratti di un anno di crisi o di un anno di crescita, si ottengono risultati diversi. Tuttavia, se pensiamo a lungo termine, se accettiamo l’idea che questa opera è fatta per durare cento anni, non fa molta differenza. Non sto prendendo una posizione in questo dibattito. Questi metodi sono stati discussi e le autorità nazionali ed europee hanno deciso che è necessario intraprendere il progetto; stiamo facendo il meglio che possiamo.

La società TELT è considerata un buon allievo da Bruxelles. Questa società binazionale è completamente pubblica. Questa era una condizione che avevo posto per partecipare al progetto; ho vissuto in prima persona la costruzione del tunnel della Manica e ho visto che era necessaria una società pubblica. Detto questo, questa azienda binazionale è un’organizzazione originale e richiede sforzi di adattamento culturale tra il team francese e quello italiano, ma, se si accettano le differenze, dà ottimi risultati, perché c’è un personale di alta qualità da entrambe le parti.

Inoltre, le aziende che lavorano sui siti sono quasi sempre multinazionali. I gruppi che si aggiudicano i contratti includono francesi, italiani e spesso svizzeri; mettono insieme squadre di diverse nazionalità, spesso frontalieri, e funziona bene.

Un’altra questione importante per noi, oltre all’ambiente, è l’integrità; abbiamo un rigido meccanismo di controllo per evitare qualsiasi intrusione della mafia.

M. Rémy Pointereau. – Signor presidente, sono lieto della sua nomina a presidente di TELT; come ex presidente di Réseau ferré de France, lei conosce molto bene la nostra rete ferroviaria.

La nostra commissione ha istituito una missione di informazione sul trasporto merci di fronte agli imperativi ambientali, di cui la mia collega Nicole Bonnefoy ed io siamo relatori. In questo contesto, abbiamo sentito dichiarazioni contraddittorie sul futuro del trasporto ferroviario di merci; alcuni sono molto favorevoli e prevedono di raddoppiare la quota del trasporto ferroviario, dal 9% al 18%, entro il 2030, mentre altri ritengono che dobbiamo abbandonare questa chimera del trasferimento modale.

Il progetto Lione-Torino è fortunatamente basato sulla prima ipotesi. Quali sono le previsioni di traffico su questo collegamento ferroviario e quali sono le leve per incoraggiare il trasferimento modale? Penso in particolare agli aiuti al funzionamento e alla qualità del servizio.

Inoltre, possiamo sperare che la Lione-Torino aumenti il traffico sulla linea ad alta velocità Parigi-Lione (LGV) a sufficienza per la costruzione della linea Parigi-Orléans-Clermont-Ferrand-Lione (POCL), che svilupperebbe la zona e raddoppierebbe questa LGV?

M. Hubert du Mesnil. – Inizierò con la sua domanda sulle previsioni di traffico e la questione del trasferimento modale. Quando il progetto è stato lanciato, la SNCF intendeva sviluppare una rete TGV europea. Quando gli Stati hanno preso in mano il progetto e quando l’Unione Europea lo ha incluso nel suo progetto di rete, la componente merci è diventata dominante, anche se il tunnel deve essere misto.

Così, se pensiamo che il trasporto ferroviario di merci non ha futuro e non ha interesse, dobbiamo mettere fine al progetto, che non può difendersi se abbiamo solo la prospettiva del trasporto di passeggeri. Ci sono altri progetti di trasporto passeggeri più urgenti in Francia, tra cui quello da lei citato.

Questo progetto è quindi interessante solo se crediamo che il trasferimento modale sia possibile e necessario. È necessario? Tutti possono vedere il suo interesse ambientale. È possibile e a quali condizioni? Partiamo con un grande handicap, perché siamo tra i paesi europei con le tariffe ferroviarie più basse. Se pensiamo che non possiamo fare di meglio e che dobbiamo accontentarci del traffico autostradale, dobbiamo abbandonare il progetto.

Tuttavia, non credo che questo sia impossibile. Sono stato molto colpito negli anni 2000 da quello che è successo in Svizzera. La situazione alpina del paese ha reso il traffico difficile, ma gli svizzeri si sono rifiutati di agevolare il trasporto su strada e hanno fatto ciò che era necessario per garantire il trasferimento modale, cioè investire in infrastrutture efficienti per il trasporto merci, con due grandi tunnel nord-sud attraverso le Alpi già completati, e regolare il traffico stradale, cioè far pagare. L’hanno fatto con un forte sostegno popolare. Hanno quindi le stesse difficoltà che abbiamo noi, ma hanno costruito i loro tunnel e ora più di due terzi del traffico va su rotaia. Quello che è stato fatto in Svizzera si basa sulla stessa logica, lo stesso obiettivo – la lotta contro l’inquinamento, lo sviluppo ferroviario – e le stesse difficoltà che abbiamo noi. Perché quello che è possibile in Svizzera non dovrebbe essere possibile in Francia?

Tuttavia, questo non è sufficiente. Se pensiamo di essere capaci come loro, perché il trasporto ferroviario di merci sia importante, sono necessarie altre condizioni, come la qualità del servizio e l’esistenza di linee ferroviarie. Una volta che il treno ha attraversato le Alpi, deve passare per Lione e poi risalire verso nord. Le linee riservate al traffico merci devono essere di buona qualità. Gli stessi requisiti di affidabilità e sicurezza devono quindi essere applicati ai treni merci e ai treni passeggeri. Come sappiamo, quando ci sono lavori o movimenti sociali, i treni merci non passano, non c’è impegno per la qualità del servizio. Il trasferimento modale avverrà solo se c’è la volontà di farlo e questa volontà è ampiamente condivisa.

D’altra parte, è necessario uno sforzo nazionale, con risorse finanziarie, investimenti nella rete e priorità a favore del traffico merci, in modo che questo traffico risponda alle stesse esigenze di qualità qui come altrove. In Svizzera e nell’Italia settentrionale, ci si stupisce del modo in cui viene trattato il trasporto delle merci. In Francia, abbiamo dei TGV ad alte prestazioni, ma il nostro sistema per i treni merci è in ritardo di anni.

Dobbiamo quindi lavorare su tutti questi registri, ma l’idea che il cambio modale non sia più opportuno mi scuote profondamente.

Sulla questione della linea Parigi-Lione, sarò meno in grado di rispondervi. L’attenzione di Bruxelles è concentrata sul corridoio meridionale verso la Spagna, il sud della Francia fino a Lione e poi attraverso le Alpi. Parigi-Lione non appartiene a quel quadrante. Detto questo, il notevole accorciamento dei tempi di percorrenza dovrebbe aumentare il traffico verso Torino, dato che si risparmieranno due ore.

La questione Parigi-Lione deve essere considerata alla luce delle prospettive di crescita del traffico italiano. Non so dove sia il progetto di raddoppio su cui stavo lavorando in quel momento. Il progresso tecnico e il miglioramento degli strumenti di segnalazione dovrebbero permettere di densificare ulteriormente le linee attuali. Non posso dire come si svilupperà il traffico TGV in questo mondo dove tutto cambia così rapidamente, ma l’asse Parigi-Lione rimarrà la spina dorsale della nostra rete nazionale.

Pochissimi passeggeri oggi usano la Parigi-Torino, perché il viaggio è troppo lungo. Risparmieremo due ore tra Lione e Torino e penso, anche se altri sono più competenti di me a sollevare queste questioni, che la vicinanza tra queste due ultime città dovrebbe portare ad un aumento del traffico, anche con Parigi.

M. Stéphane Demilly. - Come lei ha sottolineato, il progetto Lione-Torino solleva molte critiche, in particolare per quanto riguarda la sua redditività. C’è disaccordo sulle previsioni di sviluppo del traffico passeggeri e merci, così come sul costo ecologico della linea. Al di là di queste critiche, che dire delle ultime stime per garantire la redditività economica e ambientale del progetto?

Il progetto, come il meraviglioso canale Senna-Nord Europa, è stato selezionato dalla Commissione europea nell’ambito del Meccanismo europeo di interconnessione (CEF). È quindi finanziato al 40% da fondi europei. Volete anche voi beneficiare del piano europeo di recupero?

Mme Martine Filleul. - Per quanto riguarda il trasferimento modale, lei ha citato l’esempio svizzero, ma è stato piuttosto vago sulle prospettive. Avete ora delle cifre stabilizzate?

Con Michel Vaspart, ci siamo chiesti, nell’ambito della missione d’informazione sulla governance e la performance dei porti marittimi, se il tunnel, gli sviluppi che potrebbero essere realizzati sull’asse stradale Lione-Torino e il canale Senna-Nord Europa non porteranno a privilegiare i flussi verso i porti del nord, a scapito dei porti francesi, in particolare quello di Marsiglia. Il signor Vaspart era particolarmente interessato alla presenza cinese nei porti italiani e alla questione delle vie della seta. Può condividere con noi i suoi sentimenti?

M. Étienne Blanc. - Questa è una questione essenziale per l’economia e l’apertura internazionale della regione Auvergne-Rhône-Alpes, sapendo che la nostra storia è rivolta verso il Nord Italia.

L’Europa ha accettato di finanziare il 50% del tunnel di base. Tuttavia, la priorità di Bruxelles è il trasporto merci, non il trasporto passeggeri, per ragioni non solo ambientali ed economiche, ma anche di apertura all’Europa dell’Est. Tuttavia, affinché il trasporto merci sia al centro di questo investimento, le vie d’accesso al tunnel di base devono essere migliorate, sia creando una linea diretta tra Lione e Saint-Martin-La-Porte, sia migliorando la linea Dijon-Modane, sulle rive del lago Bourget e attraversando Chambéry. I rappresentanti eletti della regione hanno dato la priorità a un collegamento diretto tra Lione e Saint-Martin-La-Porte. Qual è la posizione di TELT?

Stiamo discutendo con l’Italia, e anche con l’Europa, sulle scadenze. Bruxelles sta pensando di prendere un mandato di esecuzione per assicurarsi che siano rispettati. Quali decisioni specifiche, quali atti giuridici, finanziari e diplomatici specifici state aspettando per garantire il rispetto della scadenza del 2030 e quindi placare i timori del ministro dei trasporti italiano, che si aspetta un rinvio oltre il 2032?

M. Hubert du Mesnil. – Non mi sento in grado di decidere quale sia la curva di traffico che giustifica l’esistenza del tunnel. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e il calo del traffico che ha causato, si è pensato che il progetto non fosse più giustificato. Ma due o tre anni dopo, il traffico aveva ricominciato ad aumentare. Questi sono di nuovo tempi difficili. Sono totalmente incapace di fare qualsiasi tipo di previsione. Gli studi devono essere fatti, certo, ma non spetta a loro dettare quella che è innanzitutto una decisione politica.

Il ruolo di questo asse sarà innanzitutto quello di facilitare i collegamenti tra le due regioni economiche Auvergne-Rhône-Alpes e Piemonte, che hanno già molte ragioni per aumentare i loro scambi – persone e merci. Se allarghiamo la nostra visione, questo percorso collegherà la Spagna, il sud della Francia, il nord Italia e il nord Europa. La posta in gioco economica è già notevole.

Quello che è certo è che il nostro progetto permetterà il passaggio di un milione di camion, una parte significativa dei mezzi pesanti che oggi attraversano le Alpi attraverso i tre itinerari del Monte Bianco, del Fréjus e di Ventimiglia. Questo sarà possibile solo se questi camion troveranno su entrambi i lati dei percorsi e delle reti che abbiano una priorità sufficiente per passare.

Questo progetto si inserisce bene nel Green Deal europeo e nelle scelte strategiche per accelerare le politiche di lotta contro il cambiamento climatico e la transizione ecologica. Questo è anche il motivo per cui la Commissione insiste nel togliere ogni dubbio sul completamento puntuale del nostro progetto.

Stiamo beneficiando del piano di rilancio francese per 200 milioni di euro e siamo anche parte della politica europea di rilancio economico.

Signora Filleul, non penso che questo progetto sia sfavorevole ai porti francesi. Non vedo perché il porto di Marsiglia, che ha capacità assolutamente notevoli, debba essere penalizzato rispetto ai porti italiani. È vero che, prima della crisi, gli italiani guardavano la Cina dall’alto in basso. All’epoca, ci si aspettava che la Cina fornisse finanziamenti e sostegno al grande traffico internazionale. Sono sempre stato molto riservato su questi temi: la mia missione non era quella di accogliere più facilmente il traffico cinese. Abbiamo già molto da fare nei nostri territori.

È possibile migliorare le vie d’accesso, in particolare l’itinerario Digione-Modane. Ho molta simpatia per questo magnifico percorso lungo il Lac du Bourget, ma non è più il corridoio mediterraneo. Il nostro oggetto è andare a Lione e poi giù in Spagna. Non commento l’interesse di migliorare il servizio per Digione, dico solo che non risolve il grande problema di Lione – attraversare la città, la stazione Part-Dieu… Non ci sfuggirà un grande sforzo di investimento per affrontare il nodo di Lione.

Nel linguaggio di Bruxelles, l’atto di esecuzione permette all’Europa di intervenire in un ruolo di coordinatore dei lavori. La Francia tende a dire che tutti dovrebbero rimanere a casa quando si tratta di accesso alla Francia, ma i nostri amici italiani vorrebbero sollevare queste questioni, perché il percorso è unico. Il ruolo di Bruxelles è quindi importante.

In totale, la Francia finanzia solo il 25% del costo del tunnel. A parte la questione della redditività economica, ci si potrebbe chiedere se non sia nell’interesse della Francia, pagando solo il 25% del costo di quest’opera, sviluppare attrezzature per il trasporto ferroviario di merci su larga scala.

Resta il fatto che questo è un desiderio europeo sostenibile, che risale a più di 30 anni fa. Maggioranze e governi si sono succeduti, ma l’Europa è sempre rimasta sulla stessa linea.

M. Jacques Fernique. - Gli svizzeri hanno mostrato in modo illuminante la necessità di una politica globale. Non si sono limitati di costruire la loro serie di tunnel di base. Nel 1992 hanno fissato il numero massimo di veicoli pesanti autorizzati ad attraversare le Alpi e si sono dati i mezzi per spostare il trasferimento modale prima della messa in servizio delle gallerie, portando la ferrovia al 60%. Per fare questo, non solo hanno introdotto la tassa sui veicoli pesanti legata al servizio, l’eco-tassa, ma hanno anche sfruttato appieno la linea ferroviaria storica.

In Francia, ho l’impressione che stiamo facendo un errore di priorità. Una volta completato il tunnel di base, non c’è il rischio di ritrovarsi con una cattedrale nel deserto, perché non abbiamo spostato abbastanza il cursore modale?

M. Philippe Tabarot. - Con il più piccolo tunnel di Tenda, la mia regione è anche consapevole dei problemi ambientali, di costo, di correttezza e di dialogo che si presentano tra francesi e italiani. Il vostro progetto, inoltre, è in ritardo di quindici anni, proprio come il nostro.

Vorrei tornare ai cambiamenti politici che state subendo, in particolare da parte italiana – mi sembra che il ministro dei trasporti non sia più in carica e che non ci sia ancora un governo? In Francia, questo progetto è stato originariamente portato avanti dagli ambientalisti, il che è piuttosto logico visto lo sforzo fatto sul trasporto ferroviario delle merci. Tuttavia, mi è difficile capire l’opposizione del nuovo sindaco di Lione. Come alcuni dei miei colleghi, mi chiedo se un progetto nato negli anni ’90 sia ancora attuale oggi, soprattutto alla luce degli enormi cambiamenti che abbiamo visto negli ultimi anni in termini di mobilità.

Insieme al presidente Muselier, abbiamo ottenuto il prolungamento di questo famoso corridoio del sud Europa tra Genova e Marsiglia. Tuttavia, ogni volta che sono stato a Bruxelles per discutere di queste questioni, ho avuto l’impressione che l’Europa volesse questo progetto più di Francia e Italia. Potevo anche credere che l’Europa stesse forzando la mano spiegando che non si poteva tornare indietro. Può rassicurarci su queste varie domande?

M. Hubert du Mesnil. – Certi sviluppi politici portano a dei cambiamenti, a degli interrogativi, persino a delle critiche. Sono molto disturbato dalla posizione dei partiti o movimenti ecologisti. Inizialmente favorevoli al progetto, in quanto dava la priorità al trasferimento modale e al rispetto della Convenzione delle Alpi, ora si oppongono. Tuttavia, il trasferimento modale e la protezione dell’ambiente sono le ragioni principali dell’esistenza del tunnel. E queste ragioni sono ora osteggiate dalle stesse persone che le difendono, ritenendo che il percorso attuale sia sufficiente.

Non siamo in grado di affrontare queste questioni in modo obiettivo. La domanda su quanti treni possono passare sulla linea è razionale e richiede una risposta razionale, al di fuori dell’ideologia o della sensibilità. È un’analisi oggettiva che può essere verificata, valutata. Ma non possiamo farlo e rimaniamo con un equivoco fondamentale. Questo è il punto in cui ci troviamo ora. Non so se riusciremo a conciliare le nostre posizioni, anche se dovremmo condividere la stessa linea di preoccupazioni ambientali.

La politica italiana è abbastanza sottile. Nell’Italia settentrionale, la volontà è molto condivisa negli ambienti economici e politici. Solo il Movimento 5 Stelle si oppone, riportando le proteste molto forti nella valle. Penso che i nostri amici italiani abbiano fatto un errore non coinvolgendo i territori nel lancio del progetto, contrariamente a quanto abbiamo fatto in Francia. Il percorso, realizzato in modo molto tecnocratico, ha incontrato il rifiuto totale degli eletti e degli abitanti della valle, dove un’autostrada era già in funzione. Non c’è stato un vero dibattito pubblico come lo conosciamo noi. Il Movimento 5 Stelle è rimasto all’opposizione, ma la sua collaborazione con il governo Conte non ha fermato il progresso del progetto. Un equilibrio politico è stato trovato e sembra che la classe politica italiana sia ora generalmente favorevole.

Se la Francia è sempre andata avanti, non si può dire che abbia mostrato una volontà feroce né un grande dinamismo per riuscire. In effetti, il progetto è sempre stato spinto dai presidenti della Repubblica che si sono succeduti per ragioni di avvicinamento strategico delle regioni europee e di politica franco-italiana.

Non sono nell’arena politica. Le nostre autorità pubbliche mi danno degli obiettivi che cerco di raggiungere. Il mio compito è quello di fornire ai due Stati gli elementi più precisi possibili affinché i politici possano prendere delle decisioni. Poi facciamo il lavoro che ci viene chiesto. Insieme al mio collega italiano, il direttore generale, siamo riusciti a mantenere la rotta, indipendentemente dagli alti e bassi politici.

Fondamentalmente, lei ha ragione a dire che questo progetto ha retto perché l’Europa crede in questa rete ferroviaria europea su larga scala e ad alta capacità e ritiene che questo progetto debba essere fatto per permettere al corridoio sud di funzionare. Questo desiderio ha inoltre permesso di scuotere certe resistenze culturali franco-francesi: i nostri concittadini sono tutti appassionati di trasporto passeggeri, ma molto poco di trasporto merci. Quando lavoravo alla Réseau Ferré de France e volevo dare una certa priorità ai treni merci per farli correre, mi è stato detto che ero solo un tecnocrate lontano dai problemi della gente. Il presidente Huchon mi ha spiegato in particolare che non era interessato ai miei treni merci che non potevano girare per Parigi, perché il suo problema principale era garantire il traffico della RER. Capisco la posizione di un presidente regionale, ma se i treni merci non possono né attraversare né aggirare Parigi, semplicemente non ci saranno treni merci in Francia. È quindi essenziale trovare dei compromessi.

M. Joël Bigot. - Lei ci ha detto che l’Europa sostiene questo progetto, che è la condizione per il suo successo, e che prevede addirittura di aumentare i suoi finanziamenti. Lei ha anche sottolineato che in Europa sono state coinvolte nove linee ferroviarie, che derivano da una volontà politica di sviluppare il trasporto merci su rotaia.

Sembra, come ha sottolineato l’onorevole Fernique, che le nostre infrastrutture non permettono attualmente l’accesso a questo tunnel. Quando pensa che sarà possibile assicurare la fluidità del traffico sul lato francese di questa infrastruttura, che è molto importante per lo sviluppo stesso del territorio europeo?

M. Olivier Jacquin. In questo progetto veramente politico, la stretta razionalità economica può essere messa in discussione. Tuttavia, non mi avete rassicurato su una delle enormi debolezze del progetto, cioè l’accesso francese al tunnel. Lei ha detto, in modo un po’ ambiguo, che il suo obiettivo era di far entrare un milione di camion nel tunnel. Il raggiungimento di questo obiettivo ambientale, che dobbiamo sostenere, soprattutto ora che il tunnel è quasi completato, richiederà l’esistenza di reti di qualità sia a monte che a valle. Ed è qui che si trova la fragilità.

Posso solo invitare la nostra commissione a ricevere una delegazione svizzera per spiegarci il sistema che è stato messo in atto. Come ha sottolineato Jacques Fernique, gli svizzeri hanno visibilità e risorse assegnate.

Il vicedirettore generale del ministero svizzero mi aveva fatto un’osservazione divertente, spiegandomi che le risorse stanziate e un programma di quindici anni permettevano di evitare un sacco di sciocchezze, compresi molti viaggi inutili avanti e indietro.

Si è fatto riferimento alla portata delle ristrutturazioni, che potrebbero estendersi fino a Digione. I camion saranno allora obbligati a utilizzare le reti combinate in condizioni accettabili? Alcuni hanno messo in discussione il trasporto ferroviario di merci in generale, che ha suoi terreni di riferimento, in particolare per le lunghe distanze. Domani, un camion che viene da Amsterdam per recarsi in Italia sarà obbligato a utilizzare un’autostrada ferroviaria via Lione-Torino?

M. Didier Mandelli. - Ho avuto l’opportunità, quando ero relatore della legge sull’orientamento della mobilità, di scoprire questo progetto. Ricordo che si tratta di uno dei più grandi progetti del secolo in termini di durata, volume e numero di aziende e personale coinvolto. Non dimentichiamo che si tratta di una prodezza tecnologica abbastanza eccezionale, che riflette il livello tecnico delle nostre aziende, dei nostri ingegneri e dei nostri tecnici. Penso che possiamo esserne fieri. A volte tendiamo a dimenticare la portata di questo grande risultato e il livello di impegno del personale coinvolto. Vorrei che la commissione potesse visitare questo cantiere.

M. Hubert du Mesnil. – Apprezzo molto la sua testimonianza. Posso confermare che sarei molto felice di ricevere una delegazione della vostra commissione.

Notiamo che le persone che vengono a visitare il cantiere non esprimono la stessa valutazione del progetto, in primo luogo perché vedono che comincia ad assomigliare a un tunnel, che la struttura è abbastanza bella esteticamente e che le imprese francesi, italiane e svizzere stanno realizzando imprese tecniche assolutamente notevoli. Questo è veramente un progetto su scala globale. Le aziende e il personale stanno facendo un lavoro che non è sempre facile. Inoltre, nonostante la crisi sanitaria, il cantiere non si è praticamente fermato: sono state adottate misure estremamente rigorose che hanno permesso al cantiere di funzionare senza incidenti. L’intelligenza delle aziende e il lavoro di ricerca e innovazione sono da lodare.

Per quanto riguarda il calendario delle vie di accesso, il progetto è pronto sul lato italiano. Sarà finanziato dal piano di risanamento italiano, che è molto sostenuto dall’Europa. Si prevede che, come primo passo, la linea esistente sarà potenziata fino a Torino, che si trova vicino a Susa. Non sarà quindi difficile da realizzare.

Sul versante francese, le cose sono state rilanciate poco più di due anni fa. SNCF Réseau sta svolgendo dei lavori per riprendere il progetto che avevamo preparato a Réseau Ferré de France. Questo progetto di accesso era abbondante, poiché comprendeva due nuove linee da Lione a Saint-Jean-de-Maurienne, una per le merci e l’altra per i passeggeri. Questo progetto è stato oggetto di una dichiarazione di pubblica utilità (DUP). È stato contestato davanti al Consiglio di Stato, che lo ha approvato. Essendo troppo costoso, il ministero ha deciso di istituire una commissione di lavoro, presieduta dal prefetto, per riprendere il progetto oggetto del DUP e semplificarlo in modo che la continuità del traffico sia assicurata all’apertura del tunnel, cioè entro il 2030, e di procedere per tappe, la prima delle quali permetterà di assicurare un flusso normale di traffico nel 2030 nel corridoio che porta a Lione.

Due scenari, corrispondenti a due possibili percorsi, sono stati esaminati in modo più approfondito. La scelta tra questi due scenari sarà fatta l’anno prossimo nel quadro della DUP. Poiché l’ostacolo molto importante della DUP è stato superato, il calendario può essere compatibile con l’orizzonte 2030-2032. La scelta tra i due scenari non è facile. Uno dà una chiara priorità alle merci e non migliora molto la situazione per i passeggeri in prima istanza. C’è un compromesso da fare. In ogni caso, la situazione si è ripresa piuttosto bene. Quando lo scenario sarà scelto, potremo andare avanti.

È vero che sarebbe meglio, per un progetto così lungo, se il finanziamento fosse assicurato. Non è proprio così. L’Italia è l’unico paese a fornire un finanziamento pluriennale al progetto, avendo il governo Monti votato un bilancio pluriennale corrispondente all’80% della quota italiana e al 35% del costo totale.

In Francia, dipendiamo da un voto annuale. Il finanziamento dell’Agence de financement des infrastructures de transport de France (Afitf) deve essere rinnovato ogni anno, anche se abbiamo l’impegno politico dello Stato, che ci autorizza a firmare i contratti.

Tre o quattro anni fa si è lavorato per proporre un finanziamento di altro tipo, in particolare il bando per l’Eurovignetta e un pacchetto finanziario basato su un prestito, che non è stato accettato. La discussione non è definitivamente chiusa, dato che si sta riconsiderando il rispetto dei criteri del debito. È senza dubbio un po’ un peccato non ricorrere al prestito per finanziare un progetto che durerà più di cinquant’anni… In ogni caso, l’argomento rimane aperto.

Per il momento, l’Afitf ci concede dei crediti ogni anno. Fino a poco tempo fa, questi crediti erano relativamente modesti, ma le somme saranno molto più grandi nel 2021, 2022 e 2023. L’Afitf dovrà gestire questa difficoltà. Non abbiamo particolari preoccupazioni, ma non si può dire che ci sia un finanziamento strutturato, pluriennale e sicuro. Operiamo un po’ alla rinfusa.

La situazione non è molto migliore a livello europeo: il finanziamento era garantito fino al 2021 ed è stato esteso al 2022. Le discussioni inizieranno per i prossimi anni, ma ora si parla di ridurre a tre anni il contratto che pensavamo di avere per sette anni. In altre parole, non avremo nemmeno un importo garantito da Bruxelles con le chiavi di finanziamento che ho menzionato. Non ho dubbi che vogliamo andare fino in fondo, ma dobbiamo periodicamente rimettere la questione sul tavolo e, ogni volta, discutere i termini e le condizioni. Questa è probabilmente una debolezza.

Per quanto riguarda la regolamentazione, vi ricordo che gli onorevoli Destot e Bouvard avevano lavorato insieme su una proposta di pacchetto, con un prestito garantito in particolare dalle entrate delle autostrade, come ha fatto la Svizzera. Questo è un argomento delicato. I due parlamentari avevano dimostrato che era possibile riscuotere una tassa abbastanza moderata su un numero molto grande di camion in una zona molto vasta, compresa Ventimiglia. Bruxelles aveva considerato piuttosto positivamente questa soluzione. Non credo che il tema sia stato definitivamente abbandonato, ma per il momento non è oggetto di proposte elaborate. Dobbiamo davvero giocare su entrambi i fronti.

Il traffico di camion dovrebbe essere vietato? In ogni caso, deve essere regolato. Il traffico può già essere frenato vietando un’intera categoria di camion – quelli che trasportano merci pericolose, quelli che non rispettano le norme ambientali, ecc. – e attraverso le tariffe.

Il desiderio dell’Europa è di eliminare la possibilità che un camion attraversi tutta l’Europa, dalla Lituania al Portogallo. Una parte del traffico intraeuropeo dovrebbe essere spostata sul treno.

M. Hervé Gillé. - È difficile oggi visualizzare la strategia logistica che dovrebbe essere messa in atto per cercare di ottimizzare i flussi verso questo lavoro. Abbiamo la sensazione che la logica del mercato si applichi e che non ci sia alcuna anticipazione. Potrebbe darci qualche elemento di apprezzamento su questo argomento?

Si potrebbe pensare che, domani, alcuni collegamenti aerei potrebbero essere aboliti per trasferire il traffico al collegamento ferroviario. È già in corso il dibattito su come anticipare al meglio questo trasferimento?

È sempre difficile oggettivare il cosiddetto “impatto ambientale” di questo tipo di progetti. Una valutazione ambientale di qualità del tunnel, un progetto emblematico a livello europeo e mondiale, permetterebbe di fornire chiavi metodologiche e arricchire il dibattito politico. Cosa ne pensate di questo?

M. Hubert du Mesnil. – Risponderò alle vostre domande con grande modestia…

Il flusso di merci si evolve, perché il mercato si evolve. La crisi probabilmente lo costringerà anche ad evolversi. Il boom dell’economia ha portato a una mobilità molto elevata e a una logistica sfrenata, con una corsa a capofitto di tutti i mezzi per ottenere i costi più economici possibili. Abbiamo visto a cosa può portare questo in termini ambientali. Spero che, con l’aiuto della crisi, la logistica internazionale sia meglio regolata e che l’entusiasmo possa calmarsi.

Dobbiamo combinare la libertà del mercato della logistica con la fornitura di infrastrutture di qualità e la regolamentazione economica: non è normale che il viaggio non costi nulla. Penso alle navi che trasportano container dalla Cina a prezzi imbattibili. Dobbiamo dare alle cose il loro vero valore. Il trasporto che produce inquinamento, come può fare un camion, deve pagare in un modo o nell’altro.

La crisi ci ha appena dimostrato che il laissez-faire non porta necessariamente all’ottimizzazione. Le autorità competenti, a livello nazionale, europeo e internazionale, devono prendere in mano la situazione. Certamente c’è ancora molto da fare se vogliamo rimediare alla situazione e non sprofondare nella crisi.

Abbiamo fatto buoni progressi sul tema dell’impatto ambientale: ci sono sempre più norme, si sta mettendo in atto una supervisione amministrativa, e così via. Ora abbiamo 141 punti di controllo dove, in collaborazione con enti pubblici e sotto il controllo dei ministeri, si misurano continuamente la qualità dell’acqua e dell’aria, l’intensità del rumore, i livelli di polvere, ecc. Al di là della retorica, la questione dell’ambiente comporta aspetti tecnici e considerazioni scientifiche molto concrete.

L’impatto ambientale comporta prima di tutto il controllo del cantiere. Abbiamo già fatto molti progressi, ma c’è ancora molto che possiamo fare. Farò solo un esempio: i materiali che escono dal tunnel. Il nostro obiettivo è quello di riutilizzare più della metà di questi materiali, per fare calcestruzzo, riempimento, paesaggistica, per tappare le cave, ecc. Oggi, però, non è possibile spostare i materiali attraverso il confine italiano, perché le normative francesi e italiane non sono compatibili. L’Europa non può lavorare per una visione circolare globale integrata e per un’armonizzazione delle regole che ci permetta di ottimizzare la gestione dei nostri materiali come ottimizzeremo il trasporto delle merci?

Su questo argomento, la ragione può prevalere, soprattutto se l’interesse di tutti a fare progressi sull’ambiente è ben percepito. Sono in procinto di mobilitare i ministeri competenti per cercare di trovare una soluzione a questo problema – avrei così contribuito all’Europa nel mio modesto modo? Spero che avremo successo.

M. Jean-François LongeotPresidente. – Grazie, signor presidente, per la chiarezza delle sue osservazioni e per questo scambio particolarmente interessante.

M. Hubert du Mesnil. – Rinnovo l’invito per quelli di voi che lo desiderano, non appena le circostanze lo permetteranno.