Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

Sezione Valle Elvo e Serra “Pietro Secchia”

Siamo da sempre vicini al movimento Notav. Donne e uomini che hanno capito che l’unica strada del cambiamento passa dal prendere per mano il proprio destino e camminare a testa alta. Sono trent’anni che il movimento Notav ha capito che l’opera devastante che veniva presentata come il futuro altro non era che un inganno, foriero di distruzione, dell’ambiente, delle risorse economiche che nel tempo sono mancate, e mancano tuttora, per la salvaguardia della vita.

Il parallelo tra i Notav e i partigiani dei venti mesi di lotta al nazifascismo dal settembre 1943 all’aprile del 1945 è perfettamente calzante. Chi non lo capisce, peggio per lui. La politica partigiana è stata antitetica a quella partitica; certo, alla fine ha vinto quella partitica.

Quella partigiana, innovativa, capace di interpretare in maniera creativa un periodo storico mai vissuto e anche per questo irripetibile, ha perso, ma vive.

Vive nelle lotte sociali, nei popoli ribelli in lotta che non accettano che le loro vite siano irreggimentate in regole dal rispetto delle quali hanno tutto da perdere.

In queste ultime settimane abbiamo assistito a un nuovo capitolo dell’aggressione dello stato al popolo valsusino.

L’8 settembre 1943 è stato da alcuni identificato come la morte dello stato e i partigiani hanno sperimentato la loro idea di stato, creando le repubbliche partigiane che sono state il laboratorio dell’Italia futura.

Oggi uno stato c’è, si dice democratico perché svolge elezioni che chiama libere, ha rappresentanti eletti dal popolo, la situazione è senz’altro diversa da allora, oggi la guerra non c’è.

Ma come si può considerare il suo atteggiamento quando manda migliaia di suoi servitori a sgomberare un presidio popolare come quello di San Didero? Quando il suo popolo subisce da tempo una occupazione di tipo militare, i suoi abitanti vengono inseguiti nelle strade del loro borgo, tra le loro case? Quando un’opposizione popolare lunga oltre trent’anni ha trovato sulla sua strada non la logica ma la prevaricazione dei poteri che perseguono unicamente l’interesse economico?

Il popolo Notav è partigiano perché sta svolgendo da oltre trent’anni, una funzione democratica essenziale, un esperimento politico unico; è il catalizzatore delle migliori intelligenze. Abbiamo assistito alla settimana di resistenza del presidio di San Didero e abbiamo, come tanti, registrato, oltre alla indignazione, alla rabbia, un sentimento che abbiamo giudicato prevalente. La felicità.

La felicità degli ultimi resistenti sul tetto del presidio, dei valsusini che si sono ripresi le loro strade nonostante le assurde restrizioni, delle trasmissioni radio dalla strada.

Prendiamo in prestito le parole di Fulvio Grimaldi, giornalista, combattente nel 1970 con i feddayn palestinesi: “La felicità, qualunque cosa sia, nasce dalla lotta”. E le colleghiamo a quelle del maestro Valerio Romitelli, professore a Bologna, che ci spiega la felicità dei partigiani, “felicità di pionieri, scopritori di un nuovo modo di organizzarsi per incidere, in rapporto con le popolazioni, sui destini del proprio paese”.

Una lotta lunga e dura, quella del movimento Notav; una lotta anche dolorosa, fatta di vendette da parte del potere, che non tollera la forza degli ultimi. Che ci interessa tutti da vicino, perché parla di noi, delle nostre aspirazioni, ci riporta inevitabilmente ai sentimenti di fatica, di dolore, ma anche di libertà, e di liberazione, che animavano i nostri partigiani.

Buon 25 aprile di lotta Viva i partigiani, viva i Notav.