di Vladimiro Zagrebelsky https://it.wikipedia.org/wiki/Vladimiro_Zagrebelsky
6 Agosto 2025
Nell’insofferenza politica per la presenza dei giudici e per il ruolo che essi svolgono ha un peso importante il tema della pretesa invenzione di “nuovi diritti”: nuovi diritti che danno ai giudici nuove occasioni di intervento. Il giudice non interviene di sua iniziativa, ma risponde a una domanda, cui è obbligato a dar risposta. La vicenda dei diritti legati all’ambiente è emblematica di come essi prima si manifestino nell’evoluzione della sensibilità sociale e politica e poi prendano corpo e vigore sul piano del diritto.
In Europa è significativo ciò che è avvenuto nel campo dei diritti individuali, in vicende in cui è importante questo o quell’aspetto dell’ambiente. La norma della Convenzione europea dei diritti umani (1950) relativa al diritto alla protezione della vita individuale solo a partire dagli anni ’90 divenne la base di ricorsi alla Corte europea. Fumi e rumori venivano indicati dai ricorrenti come causa di deterioramento della qualità della loro vita. Prima di quegli anni lo stato dell’economia in Europa, dopo le distruzioni belliche, evidentemente non suggeriva reazioni individuali a situazioni che erano frutto dello sviluppo industriale. In mancanza di ricorsi non ci furono sentenze della Corte che riconoscessero nel deterioramento ambientale l’origine di violazione di diritti individuali. Furono i nuovi ricorsi a stimolare una nuova lettura della generica formula che si trova nella Convenzione europea. È utile ricordare l’origine di quella giurisprudenza per segnalare che essa si fonda su uno sviluppo dell’atteggiamento e della sensibilità sociali. L’intervento dei giudici seguì, non precedette il nuovo dato sociale. A livello interno la vicenda del diritto della tutela ambientale può essere letta in termini simili.
La crisi del riscaldamento globale è divenuta tema di discussione pubblica, non per sentenze dei giudici, ma per azioni e battaglie di gruppi ecologisti e per studi scientifici che ne hanno documentato la gravità e l’origine nei comportamenti umani. Interessi economici rilevanti, capaci di muovere interventi politici hanno contribuito a rendere il tema di estrema rilevanza sociale e politica a livello globale. Iniziative di carattere legale hanno fatto seguito. Così in Italia il Parlamento nel 2022 ha modificato la Costituzione inserendo il rispetto per l’ambiente, anche nell’interesse delle nuove generazioni, tra gli obblighi della Repubblica e i limiti dell’iniziativa economica. È possibile che l’intervento sulla Costituzione rispondesse soprattutto a una finalità di messaggio politico, senza effetti immediati. Ma formule come quelle inserite in Costituzione incidono immediatamente sul terreno dei diritti individuali e, quindi, sulle decisioni dei giudici.
Analogamente avviene con le numerose dichiarazioni e convenzioni internazionali. Proclamate spesso con gran dispendio di soddisfatte dichiarazioni politiche, sembrano poi spegnersi sul piano pratico della loro messa in opera. I costi economici e sociali sono enormi e conseguentemente le difficoltà politiche. Ma nella realtà della vita del diritto quelle dichiarazioni e quelle convenzioni non restano inoperanti; progressivamente esse incidono dando luogo a ricorsi e quindi a decisioni giudiziarie. È probabile che ne seguano polemiche, che avranno come bersaglio i giudici.
È dell’anno scorso una importante sentenza della Corte europea dei diritti umani in risposta a un ricorso di alcune anziane cittadine svizzere e della loro associazione. Alla Svizzera le ricorrenti imputavano il deterioramento della qualità della loro vita dovuto al crescere del riscaldamento globale e ai conseguenti periodi di grave calura. La responsabilità del governo derivava, secondo le ricorrenti, dalla mancata attuazione della normativa nazionale derivante dalle convenzioni internazionali per il contrasto al riscaldamento globale con la riduzione delle emissioni di CO2.
La Corte europea ha riconosciuto la violazione denunciata dalla associazione delle ricorrenti, che ha nello statuto lo scopo di promuovere le ragioni delle socie nella protezione dell’ambiente.La mancanza di prove del diretto impatto del riscaldamento globale sulle condizioni di vita di ciascuna ricorrente ha invece portato la Corte a respingere il loro ricorso.
Ma in linea di principio anche la posizione delle ricorrenti è stata accolta. La sentenza costituisce un precedente, che orienta le decisioni dei giudici nazionali nei vari Paesi e delle altre corti internazionali.
Così è di pochi giorni fa la decisione della Corte di Cassazione italiana sul se e quale giudice debba trattare un ricorso di Greenpeace Onlus e di alcune persone individuali contro l’Eni e gli azionisti Ministero dell’Economia e Cassa Depositi e prestiti. La Cassazione ha riconosciuto la giurisdizione del Tribunale di Roma. Il Tribunale è chiamato a decidere sulla responsabilità civile per danni degli enti convenuti in giudizio, cui si imputano una attività e un orientamento gestionale in contrasto con gli impegni internazionali dello Stato per la diminuzione della produzione di gas ad effetto serra. Si tratta di un caso rientrante nel quadro ormai vasto di “climate change litigations” davanti ai giudici nazionali. La decisione della Cassazione richiama e condivide anche quella della Corte europea.
Negli stessi giorni è stata pubblicata l’opinione espressa dalla Corte internazionale di giustizia, che ha risposto alle domande rivoltele dall’Assemblea generale ONU. Muovendo dalla constatazione della gravità dell’impatto sull’ambiente delle emissioni di gas a effetto serra, l’Assemblea aveva chiesto alla Corte (massima Corte di giustizia delle Nazioni Unite) di esprimersi sugli obblighi che incombono sugli Stati per la protezione del sistema climatico e dell’ambiente contro le emissioni di origine umane di gas a effetto serra. In secondo luogo, alla Corte è stato chiesto di esprimersi sugli obblighi per gli Stati che hanno contribuito a causare danni significativi al sistema climatico di altri Stati particolarmente colpiti, alle popolazioni e alle generazioni future. La Corte ha risposto che gli Stati hanno l’obbligo di prendere misure per la riduzione dei gas a effetto serra e di cooperare per evitare che le attività che si svolgono nel loro territorio producano danni al sistema climatico generale. La violazione di questi obblighi costituisce un illecito da cui deriva l’obbligo di risarcire integralmente gli Stati danneggiati.
Nel giro di pochi giorni si sono susseguite decisioni di giustizia, diverse ma coerenti. Esse hanno messo in evidenza come nascano “nuovi diritti” per gli individui: come cioè nuove aspettative o pretese si trasformino uscendo dal solo dibattito sociale e politico, per approdare al livello delle obbligazioni giuridiche.
Qualche volta si ha l’impressione che non se ne abbia consapevolezza da parte di chi approva dichiarazioni e sottoscrive convenzioni; ne segue la sorpresa quando poi vi è chi si rivolge ai giudici per ottenere che alle parole seguano i fatti. E che le controversie siano sciolte dai giudici. Segue una conclusiva indicazione, non nel senso di più prudenza da parte di governi e parlamenti nel produrre dichiarazioni di impegno ad agire per proteggere l’ambiente, ma piuttosto di prenderle sul serio e dar seguito alle parole con i fatti. Così come pretendono i cittadini e le loro associazioni, che ricorrono ai giudici, e i giudici che da quelle dichiarazioni traggono conseguenze.