Una Nota interpretativa del Discorso di Conte del 23 luglio 2019

 30 luglio 2019

Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?». E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa. [Giovanni 18,37-38]


Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte non ha comunicato con un sì esplicito il 23 luglio scorso la sua decisione sul Progetto Torino-Lione il 23 luglio 2019.

Il suo breve discorso termina con queste parole: “Questa è la posizione del Governo ferma restando la piena sovranità, la piena autonomia del Parlamento”.

Egli non ha dichiarato con enfasi che “il progetto deve essere assolutamente realizzato”, mentre ha fatto valutazioni di ordine generale.

Le motivazioni che il Presidente ha portato a sostegno della “decisione di fare” paiono in realtà incerte, meritorie di essere valutate in profondità, ma facilmente ribaltabili.

Tralasciamo per il momento i “fatti nuovi” a seguito dei quali non realizzare il TAV costerebbe molto più che completarlo, come il Presidente ha affermato senza una dimostrazione convincente.

Se sono i costi che decidono che l’Italia deve partecipare al progetto o uscirne, allora concentriamo l’attenzione sulle due affermazioni di Conte che vanno invece nell’opposta direzione.

La prima è questa: I costi, inoltre, potrebbero ulteriormente ridursi in seguito a un’interlocuzione con la Francia in ordine al riparto delle nuove quote di finanziamento della tratta transfrontaliera.”

Sarebbe quindi saggio che il Presidente del Consiglio riprendesse la sua iniziativa verso la Francia che ha tutto l’interesse a fare credere che sia l’Italia a volere il progetto, quando in realtà sono i nostri vicini transalpini che se ne avvantaggerebbero.

L’“ulteriore riduzione” e il “riparto quote” è un obiettivo che si raggiunge prima di tutto nel chiedere alla Francia di pagare il progetto in modo in modo equo, secondo una ripartizione chilometrica come spiegato oltre.

Come dimostrato nella Tabella “Asimmetria dei Costi tra Italia e Francia”, l’extra costo per l’Italia – che si può definire una sorte di finanziamento occulto dell’Italia alla Francia almeno fino al 2114 (ex art. 11 Accordo di Roma del 2012) – ammonterebbe a € 1.767,4 milioni, secondo un calcolo che tiene conto dell’aumento ipotetico del contributo UE al 55%.

Se consideriamo il finanziamento UE al 40% già accordato per una parte dei costi per il tunnel di base e il prossimo al 55% dal 2021, la ripartizione simmetrica con la Francia assegnerebbe all’Italia un costo di 1.111,0 milioni, con una riduzione del 68% rispetto al costo precedentemente previsto di 3.501,4 milioni che considerava i costi asimmetrici (il contributo europeo è al 40%, l’Italia paga il 57,9%, la Francia il 42,1% dei costi nazionali).

In questa Tabella è dimostrato il risultato sopra indicato.

La seconda affermazione è questa: “Su questo punto (ulteriore riduzione e riparto quote, N.d.R.) il Governo italiano ed io personalmente siamo impegnati con la massima determinazione anche se, allo stato, questo nuovo riparto non sarebbe ancora garantito e non lo posso quindi, allo stato, garantire”.

Il Presidente del Consiglio dovrebbe comunicare come intende portare avanti con la Francia il suo virtuoso obiettivo con la massima determinazione: così facendo il costo dei 12,5 chilometri italiani potrebbe ridursi a soli 1.111,0 milioni di euro, con una riduzione del 68%.

Mentre la Francia dovrebbe pagare i suoi 45 chilometri 3.999,6 milioni di euro, in luogo dei precedenti 2.141,4 milioni, con un aumento dell’86,7%.

Questa ripartizione equa è del tutto ammissibile visto che la Francia ha pubblicamente dichiarato che il suo investimento di 700 milioni di € sulle linee nazionali di accesso al tunnel sarà concentrato sulla tratta da Digione – e non da Lione – fino all’ingresso francese del tunnel. Cfr. Torino-Lione ? No, Torino-Digione! Questo il nuovo itinerario deciso dalla Francia per risparmiare 11 miliardi di euro di gallerie tra Lione e il tunnel di base

Se il Presidente del Consiglio, dopo la nervosa risposta di Macron del 7 marzo 2019, volesse  proseguire su questa strada ricordando alla Francia i suoi impegni derivanti dagli Accordi con l’Italia, il risultato sarebbe che la Francia, di fronte a tale forte aumento, potrebbe chiedere la sospensione del progetto per non pagare un costo eccessivo, che sarebbe invece equo per l’Italia.

Con la sospensione il progetto si fermerebbe senza obblighi di firmare nuovi accordi approvare ratifiche parlamentari.


Conviene ora riflettere sulle sei motivazioni che il Presidente del Consiglio ha considerato a sostegno della decisione di fare. Esse appaiono in realtà abbastanza incerte, certo meritorie di essere valutate ma facilmente ribaltabili.

1.    Disponibilità della UE ad aumentare il finanziamento della tratta transfrontaliera dal 40% al 55%, con notevole risparmio per l’Italia. L’aumento del finanziamento europeo dal 40% al 55% deve essere ancora approvato e finanziato in via definitiva dal nuovo Parlamento Europeo e non vale tuttavia per il finanziamento in corso, solo in parte utilizzato. La Brexit ridurrà le disponibilità della Ue. Per paradosso, Italia e Francia avrebbero interesse ad abbandonare l’attuale finanziamento al 40% e attendere il prossimo al 55%. Il vantaggio sarebbe di circa 47 milioni di euro. L’ACB rimarrebbe negativa anche le la UE finanziasse il progetto al 100%.

2.    Finanziamento al 50% della tratta nazionale italiana dal costo di 1,7 Mld di € con un sostanzioso risparmio. La tratta nazionale italiana da Bussoleno fino a Torino costa di più di questo importo. Non esiste allo stato nessuna norma Ue che preveda il finanziamento delle tratte nazionali al 50%. Se tale norma fosse inserita nel prossimo Regolamento CEF la Francia ne chiederebbe immediatamente la sua applicazione per la costosa tratta nazionale che richiede un investimento di 11,5 Mld. di €.  Non è credibile che la UE fornirebbe un finanziamento aggiuntivo solo per la Torino-Lione di circa 7 Mld. di € per le tratte nazionali.

3.    Ulteriori finanziamenti europei: non vi è traccia di questa disponibilità per la Torino-Lione nella bozza del Regolamento CEF 2021 -2027.

4.    La Francia si è già espressa per la conferma della realizzazione di quest’opera. La Francia, allo scopo di costringere l’Italia a dire sì e a finanziare buona parte dei costi del progetto in territorio francese, ha inserito nella Legge Orientamento Mobilità LOM approvata il 18 giugno 2019 una dichiarazione di impegno solo politico per il Tunnel e le linee di accesso. Questa legge tuttavia non precisa la disponibilità dei fondi né il meccanismo per recuperarli nel Bilancio nazionale. In questo modo non vi è vera disponibilità finanziaria nei confronti dell’Italia per realizzare tutto il progetto insieme con l’Italia come precisato agli articoli 3 e 16 dell’Accordo di Roma 30.1.2012.

5.    La decisione di non realizzare l’opera comporterebbe la perdita dei finanziamenti europei e ci esporrebbe ai costi derivanti dalla rottura dell’attuale accordo con la Francia.  Relativamente all’Unione Europea l’Italia potrebbe invocare l’applicazione dell’art. 17 del Regolamento CEF che permette all’Italia di abbandonare i fondi Ue: “I progetti descritti nella parte I dell’allegato I non sono vincolanti per gli Stati membri nelle loro decisioni di programmazione. La decisione di attuare tali progetti spetta agli Stati membri e dipende dalle capacità di finanziamento pubblico nonché dalla loro fattibilità socioeconomica conformemente all’articolo 7 del regolamento (UE) n. 1315/2013”. Per ottenere extra giudizialmente il c.d. dissenso della Francia sul progetto l’Italia dovrebbe chiedere un impegno legislativo certo sulla realizzazione delle opere per la quali la Francia si è impegnata con l’Accordo di Roma 30.1.2012 (cfr. art. 4) allo scopo di smontare l’iniqua ripartizione dei costi.

6.    Voglio precisarlo con la massima chiarezza: i fondi europei sono assicurati solo per la realizzazione del TAV e quindi non potremmo farne un impiego alternativo. Non è vero, perché la negoziazione per il Bilancio Pluriennale 2021-2027, che potrebbe prevedere finanziamenti diversi per trasporti ecologici, ecc. non è ancora cominciata tra Parlamento Europeo e nuova Commissione. Il Governo italiano dovrebbe dimostrare di essere più ambizioso nel contrasto al cambiamento climatico con l’obiettivo di fare crescere l’Italia assegnando al nostro Paese un posto tra i protagonisti della lotta per il clima che crea occupazione e ricchezza. Andare oltre questo progetto climalterante consentirà ai Governi italiano e francese di avviare un’approfondita e comune riflessione anche con l’Unione Europea per assumere impegni più coerenti nel quadro dell’Accordo di Parigi del 2015. Allo stesso tempo il Governo dovrebbe avere la capacità di impegnare la prossima Commissione europea su un fronte non contabile ma politico, così come ha già fatto il Presidente Giuseppe Conte per il non rispetto del rapporto debito/PIL.